Bufera gestione beni confiscati a Palermo, l’affaire in 7 punti
MAFIA Dagli incarichi milionari al conto da 18mila euro al market. Gli indagati: Saguto, suo marito, Caramma, Cappellano Seminara, Virga, Scaletta e Chiaramonte
La bomba giudiziaria che da settimane sta picconando il sistema di gestione dei beni sequestrati alla mafia a Palermo è esplosa lo scorso 9 settembre quando, con una nota, la Procura di Caltanissetta ha informato di un’indagine per corruzione, induzione alla concussione e abuso d’ufficio, aperta nei confronti dell’allora presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, di suo marito, l’ingegnere Lorenzo Caramma, e di Gaetano Cappellano Seminara, l’amministratore giudiziario più noto del capoluogo siciliano. A loro, poi, si sono aggiunti i nomi dell’ex componente del Csm Tommaso Virga, indagato per induzione alla concussione; del sostituto procuratore della Dda Dario Scaletta, indagato per rivelazione di notizie riservate; e del giudice Lorenzo Chiaramonte, indagato per abuso d’ufficio. L’indagine, ben presto, si è rivelata molto più ampia di quanto non fosse emerso nelle prime ore, arricchendosi a ritmo giornaliero di particolari sempre più inquietanti che hanno contribuito a tratteggiare una realtà fatta di clientele, favoritismi e gelosie, sul cui sfondo si stagliano consulenze e incarichi per centinaia di migliaia di euro. Ecco alcuni punti cardine e i protagonisti dell’inchiesta che sta facendo luce su quella che per molti è ormai considerata “antimafia di facciata”.
Beni confiscati Quello dei patrimoni sottratti alla criminalità organizzata è un terreno dai contorni quantomai sfumati, su cui avere contezza precisa dei numeri, data la sua eccezionale vastità, è assai difficile. Si stima che siano circa 12mila i beni in oggetto, per un valore complessivo di 30 miliardi di euro (quasi quanto la manovra finanziaria). Di questi, più del 40%, pari a 5.515, si trovano in Sicilia, e 1.870 nella sola provincia di Palermo. Ed è proprio nel capoluogo siciliano che secondo le indagini della procura nissena sarebbe stato messo su un sistema di gestione clientelare delle ricchezze sottratte a Cosa nostra, con l’attribuzione di ricchissime consulenze e incarichi a pochissimi amministratori.
Silvana Saguto Protagonista di questo sistema, secondo i magistrati nisseni, era Silvana Saguto, presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo sino al 12 settembre scorso, tre giorni dopo lo scoppio dello scandalo. Per i magistrati, Saguto avrebbe assegnato all’avvocato Cappellano Seminara la gestione di grandissimi patrimoni sottratti alla mafia, in cambio di incarichi per il marito Lorenzo Caramma, ingegnere e consulente del legale. Si stima che in 9 anni, dal 2005 al 2014, i compensi liquidati a Caramma siano stati pari a 750mila euro. Nell’indagine, successivamente, sono emersi anche i nomi di altri componenti del nucleo familiare del giudice, che avrebbero in qualche modo goduto di benefici derivanti da quello che è stato ormai definito “sistema Saguto”. Dopo le sue dimissioni, alla presidenza della Sezione Misure di Prevenzione è arrivato il giudice Mario Fontana.
Cappellano Seminara Per tutti a Palermo era il “re” degli amministratori giudiziari. L’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, per conto del tribunale, gestiva decine e decine di beni sequestrati ai boss. Le sue “parcelle d’oro” per milioni di euro, e i criteri d’affidamento delle consulenze lo avevano già portato alla ribalta nel 2014, quando ad attaccarlo pubblicamente fu l’ex direttore dell’Agenzia per i beni confiscati, il prefetto Giuseppe Caruso, che lo denunciò alla Commissione parlamentare Antimafia. Di lui, inoltre, si erano interessate le Iene, e da tempo era oggetto costante delle “attenzioni” del telegiornale di Telejato diretto da Pino Maniaci.
Walter Virga Figlio 35enne di Tommaso Virga, ex membro togato del Csm, per gli inquirenti sarebbe stato favorito nell’affidamento di incarichi (ben 27 per centinaia di milioni di euro) come segno di ricompensa del giudice Saguto nei confronti del padre, che si sarebbe occupato di un procedimento disciplinare che pendeva a Palazzo dei Marescialli sul capo della presidente della Sezione di Misure di Prevenzione. Fatto, questo, smentito però da Tommaso Virga. Dalle intercettazioni è emerso come il giovane Virga mantenesse un atteggiamento estremamente spregiudicato nella gestione dei beni, trasformando in un vero e proprio comitato d’affari la sede di una rivendita d’auto di lusso sequestrata per mafia.
Il conto da 18mila euro e i 6 kg di tonno Tra le carte dell’inchiesta è emerso un debito di 18mila euro di Silvana Saguto con un supermarket di Palermo confiscato nel 2011 a un imprenditore considerato vicino ai boss Lo Piccolo. Il conto è stato saldato in due tranche solo successivamente allo scoppio dello scandalo. Oltre al maxi conto aperto, in un altra circostanza Silvana Saguto avrebbe offerto una cena a casa impiegando 6 kg di tonno provenienti da un’amministrazione giudiziaria importante.
Csm Sin dal giorno dello scoppio dello scandalo sui beni confiscati, il Consiglio superiore della magistratura ha cercato di agire in modo rapido ed efficace per affrontare in modo rigoroso la questione. Il 25 settembre è arrivata a Palermo una delegazione dell’organo di autogoverno delle toghe, guidata dal vicepresidente Giovanni Legnini. Quindi sono state avviate le pratiche per l’eventuale trasferimento dei protagonisti della vicenda. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, insieme al pg della Cassazione Pasquale Ciccolo, ha chiesto di sospendere dalle funzioni e dallo stipendio Silvana Saguto, che verrà ascoltata venerdì 30 ottobre, difesa dal suo legale Giulia Bongiorno.
L’intercettazione choc sui figli di Borsellino C’è anche spazio per una intercettazione choc, nell’inchiesta che coinvolge Silvana Saguto. Lo scorso 19 luglio, quando il Paese si commuoveva per l’abbraccio tra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Manfredi Borsellino al Tribunale di Palermo, l’ex presidente della Sezione Misure di prevenzione, al telefono, commentava la cosa con frasi di tutt’altro tenore. “Manfredi Borsellino, che si commuove, ma perché minchia ti commuovi a 43 anni per un padre che ti è morto 23 anni fa? Che figura fai”. E ancora: “Ma che… dov’è uno… le palle ci vogliono. Parlava di sua sorella e si commuoveva, ma vaffanculo. È uno squilibrato, lo è stato sempre, lo era pure quando era piccolo”. Della sorella Lucia, all’epoca assessore dimissionario del governo Crocetta, invece diceva: “È cretina precisa “.