Editoriale

Cade l’ultimo tabù dei Cinquestelle, Conte vuole i soldi pubblici per il partito

E ora il Movimento Cinquestelle vuole anche i soldi pubblici per rimpinguare le casse del partito. A dare il colpo di piccone letale all’ultimo tabù M5s è lo stesso capo dei pentastellati. “La stragrande maggioranza è pronta ad affrontare la novità del due per mille” ha detto Giuseppe Conte in occasione di un’infuocata assemblea notturna a cui hanno partecipato, fra gli altri, i parlamentari 5stelle. Negli ultimi anni, sono caduti a uno a uno, i capisaldi dello spirito grillino con cui hanno racimolato voti negli ultimi dieci anni: no doppio mandato; no al governo con Berlusconi e con il Pd; ancor prima di nascere erano No Tav, poi sì alla Torino-Lione. E ancora: erano No Tap poi altra retromarcia, il via libera al gasdotto salentino. Altro tema delicato è l’ex Ilva, per la quale, prima del voto il M5s promise una riconversione dell’acciaieria o la chiusura. Nessuna delle due ipotesi oggi è in atto, tranne quella che migliaia di lavoratori rischiano di perdere definitivamente il posto di lavoro. E si potrebbe andare avanti. Il democristiano Conte, intanto, sostiene che “ci sono 4 o 5 contrari, qualcuno ha dubbi, ma il resto è favorevole” alla richiesta del 2 per mille. A noi i conti non tornano.

Segnaliamo soltanto che c’è chi ha gridato al “tradimento” come Danilo Toninelli. “Sono contrario – ha puntellato l’ex ministro -. Si tratta di soldi pubblici e noi che parliamo tanto di identità dovremmo ricordarci che la nostra identità si fonda sul fare politica senza gravare sulle casse dello Stato. Non capisco neppure come se ne possa parlare”. Alla proposta contiana salta in aria pure il senatore 5stelle, Giuseppe Audinio: “Così rischiamo di sputtanarci”. Dubbiosi anche Laura Bottici, Alberto Airola e Vincenzo Presutto. In ogni caso, la maggioranza dei pentastellati è favorevoli all’iscrizione del M5s al registro dei partiti politici e quindi a usufruire delle donazioni dei contribuenti. Ma Conte è democratico, quindi, pur rimarcando più volte che il 2 per mille “non solo è opportuno ma necessario”, l’ex premier ritiene che “dal punto di vista ideale e valoriale direi che è giusto il passaggio sul web” per il voto degli iscritti perché “se i nostri iscritti ritengono che questa strada non sia percorribile neppure ci finanziano”. Il quesito dovrebbe essere posto in votazione lunedì o martedì.

“Cercherò di fare un quesito chiaro. Questa decisione — ha concluso Conte — spetta a me”. Altro più che democristiano è Vito Crimi, che aggrappandosi sugli specchi ha detto: “Pur iscrivendo il M5S al registro dei partiti, rimaniamo quello che siamo: un movimento”. Intanto, il tesoriere dei pentastellati batte cassa: i parlamentari che non versano i soldi delle restituzioni “stanno creando un danno all’associazione, questa cosa determina un problema. Se si mettono in regola il prima possibile è meglio per tutti. Inoltre, tutti coloro che intendono assumere un incarico nel Movimento devono essere in regola” intima Claudio Cominardi. La pietra tombale, infine, la pone Alessandro Di Battista. “Nel 2013 – ricorda il grillino della prima ora, pronto a tornare in campo a fianco di Virginia Raggi – il Movimento rifiutò 43 milioni di euro di finanziamento pubblico. Votò contro la legge che istituiva il 2X1000 ai partiti sostenendo che fosse un finanziamento pubblico mascherato. Era un bel Movimento. Oggi segue la strada di tutti gli altri partiti… una strada che un tempo non avrebbe imboccato nemmeno sotto tortura”. Così stanno le cose.

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