Cronaca

Calendario scuola, primo altolà dei sindacati a Draghi: “Non siamo ai college”

La scuola italiana non è “un college inglese” o “un istituto svedese che può aprire d’estate” e allungare i calendari scolastici per recuperare le lacune di quest’anno “non è la soluzione del problema”: è “inutile protrarre le lezioni di un paio di settimane”. Più fattibile, invece, un piano di recuperi “mirato”, dove però la decisione e l’organizzazione spetta alle singole scuole, che potrebbero già avere fondi e personale per gestirli, sul modello dei corsi di recupero che già si tengono a inizio settembre. Parte in salita la (presunta) intenzione del presidente incaricato Mario Draghi, trapelata ieri durante le consultazioni, di allungare il calendario scolastico per recuperare a giugno il tempo perso con la Dad. I sindacati della scuola infatti minacciano già le barricate, come già fecero con la ministra Lucia Azzolina, che prima di Natale ne aveva parlato con le Regioni.

In attesa di conferire e chiarire direttamente con il premier (o con il nuovo ministro dell’Istruzione), perché il dubbio delle organizzazioni è che qualcuno dall’esterno stia caldeggiando una possibilità cui Draghi invece avrebbe solo ipoteticamente accennato e senza entrare nel merito. La pensa così infatti Maddalena Gissi (Cisl Scuola), per la quale quella dell’ex presidente Bce è stata “un’uscita indotta da parte di chi ha il pallino che nella scuola bisogna stare come in un college inglese o in un’organizzazione di tipo nordica. Se chi è andato a parlare con Draghi – spiega all’agenzia Askanews – è innamorato di un modello nordico o anglosassone, che però deve fare i conti con l’organizzazione del nostro Paese, le conclusioni sono di facile interpretazione. C’è un gruppo di politici anti scuola tradizionale che pensa di dover rinnovare la scuola attraverso modelli da esportare: la scuola del college la voglio anch’io in Italia, ma a Scampia e non ai Parioli, allo Zen e nella periferia milanese. Siano più concreti i nostri politici: facciamo quello che si può fare”.

“Sul recupero non abbiamo problemi – prosegue Gissi – mentre allungare i calendari non è la soluzione del problema. In molti ordini di scuola si è lavorato continuamente, ci sono classi che non hanno perso nemmeno un giorno e anche chi ha dovuto interrompere per quarantene ed esigenze di carattere superiore ha continuato con la Dad; i ragazzi con maggiori difficoltà devono avere delle risposte e su questo non ci tireremo indietro. Ma bisogna capire con quali strumenti, strategie e tempi. Dobbiamo immaginare delle strategie più ampie: non credo sia il recupero del programma che vuole imporre Draghi, per recuperare uno o due anni non bastano 10-15 giorni e non venga fuori di nuovo che abbiamo bisogno dei condizionatori per far tornare i ragazzi in classe, come con i banchi monoposto. Non credo che Draghi sia l’uomo dello slogan: spero che gli arrivino le giuste informazioni, siamo molto preoccupati di chi gli suggerirà i bisogni della scuola”, precisa la segretaria della Cisl Scuola.

Anche per Francesco Sinopoli della Flc Cgil “abbiamo bisogno di fare un piano di recupero degli apprendimenti, ma non uguale per tutta Italia: le scuole non sono chiuse, stanno funzionando. A me non convince la generalizzazione per cui si allunga l’anno scolastico per tutti: si decide un recupero degli apprendimenti – argomenta ad Askanews – e si lascia alle scuole valutare, con delle risorse. Le scuole devono valutare dove serve e dove no, certamente non devono essere le Regioni a prevederlo: questo comporterebbe ulteriori diseguaglianze. Il punto non è il calendario, ma consentire alle scuole di fare un piano di recupero dove serve”. Secondo Pino Turi (Uil Scuola) “certamente una singola azione scollegata da un contesto organico che metta in sicurezza la scuola costituzionale di questo Paese significa tornare ad una narrazione vacua e vuota che vorremmo fosse lasciata alle spalle”, ma è bene attendere chiarimenti: “C`è la corsa ad interpretare e commentare indiscrezioni che andrebbero rese esplicite. Noi – spiega – vorremmo sottrarci da questo esercizio, tuttavia la Uil Scuola non ha mai rifiutato di confrontarsi nel merito di una proposta organica, che non ci sembra solo quella di allungare l`anno scolastico, che di per sé esprime solo una valutazione negativa sulla DAD che noi condividiamo: la vera scuola è quella in presenza e salvo la scuola secondaria di secondo grado funziona in presenza da settembre”.

Sulla stessa linea Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti: “Da insegnante trovo inutile protrarre le lezioni di un paio di settimane. A parte le difficoltà oggettive che comporterebbe, sia da un punto di vista organizzativo con gli esami di fine ciclo, sia da un punto di vista climatico, con edifici scolastici perlopiù inadeguati, un tale provvedimento si rivelerebbe inefficace rispetto al recupero degli apprendimenti da parte degli alunni. Piuttosto, risulterebbe più opportuno finanziare corsi di recupero individuali per gli studenti rimasti realmente indietro”. Sui recuperi porta aperta anche dai presidi: “Sicuramente ipotizzare un piano di recuperi mirato, in modo che si vedano prima quali sono le lacune di ognuno e poi si vada a tentare un recupero, è qualcosa da prendere in considerazione. Ma quando avremo notizie vere ne discuteremo”, rileva a Askanews il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli, che a 24 Mattino su Radio 24 precisa: “Qualche giorno in più si può anche fare, ma non credo risolvi il problema, mi sembra difficile andare oltre le due settimane in più che comunque non cambiano la vita”.

LE CATTEDRE VUOTE – Capitolo a parte la questione delle cattedre vuote a settembre e delle nuove assunzioni dei docenti. “Diecimila cattedre scoperte? Mi auguro ci sia un errore: si sono persi uno zero”, dice Gissi: “In totale quest’anno ci sono più di 220mila cattedre vuote, compreso il sostegno, cui si aggiungono 75mila contratti Covid, tra 50mila docenti e 25mila Ata, che serviranno anche l’anno prossimo e che si interrompono l’8 giugno. A fine giugno poi finiscono più di 150mia contratti per le supplenze, che però a giugno usufruiscono delle ferie: se si allunga il calendario qualcuno dovrà pagarle. È tutto costo, e anche elevato”. Sinopoli ricorda invece che “le operazioni che riguardano le immissioni in ruolo sono complesse, ci sono diversi passaggi che generalmente iniziano a gennaio. Sull’assunzione dei docenti siamo assolutamente d’accordo. Le immissioni in ruolo sono state un fallimento quest’anno, dal punto di vista dei numeri. L’idea di bandire un concorso straordinario in piena pandemia, con modalità molto complesse, non poteva essere risolutiva. Per risolvere almeno il problema dei precari a settembre bisogna ripartire dalla proposta che fece il sindacato: una procedura semplificata, una prova alla fine dell’anno e un grande investimento in formazione ci permette di avere docenti in cattedra stabili e formati. Poi c’è il tema dell’organico Covid, migliaia di precari che vanno consolidati”. askanews

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