Califfato al Baghdadi compie 2 anni, ma Isis sembra alle corde
LO STATO ISLAMICO In 7 mesi sta perdendo 6 città strategiche tra Iraq Siria e Libia. Ecco tutte el zone dove il gruppo terroristico autoelevatosi a Stato sta perdendo
Il 29 giugno prossimo il Califfato di Abu Bakr al Baghdadi (foto) compie il suo secondo anno: due anni iniziati con la proclamazione dello Stato Islamico (Isis) dalla città irachena Mosul divenuta capitale di un territorio, che tra Siria e Iraq, abitata da una stragrande popolazione musulmana di confessione sunnita. Tre mesi dopo la proclamazione, il “nuovo Stato” riusciva a controllare un territorio grande come tutta la Gran Bretagna, come stimato a suo tempo dal Pentagono. Ma oggi, i tagliatori di teste del Califfato sono al punto più basso della loro epopea. Dopo la prima vera sconfitta subita a Kobane nel gennaio 2015, l’Isis negli ultimi sette mesi ha perso il controllo o sta per essere cacciato da almeno 6 città con valore altamente strategico oppure simbolico: la città curda di Sinjar, la sunnita Ramadi già liberate verso la fine del 2015, con la roccaforte Fallujah sul punto di essere persa in Iraq; Palmira ‘caduta’ nel marzo scorso, Manbij a nord di Raqqa ormai completamente assediata dall’esercito in Siria; in Libia invece è sul punto di cadere addirittura la roccaforte Sirte. Ma ecco, nel dettaglio, città per città, dove il gruppo terroristico autoelevatosi a Stato sta perdendo in quello che sembra prospettare l’epilogo di una parabola che ha terrorizzato il mondo intero.
IRAQ: FALLUJAH OGGI Quella per la città irachena Fallujah è sicuramente una delle battaglie più importanti mai combattute contro l’Isis: riprendere la prima città caduta in mano ai jihadisti, oltreché simbolicamente significativa, consente di diminuire la pressione che gli uomini del Califfo esercitano sulla capitale Baghdad, a soli 50 chilometri di distanza. La presa di Fallujah, che sembra inevitabile, permette al governo di estendere il suo controllo sulle località sunnite nella valle dell`Eufrate a ovest della capitale che dal giugno 2014 sono feudo incontrastato dei jihadisti.
RAMADI, 6 mesi fa Ramadi è il capoluogo di al Anbar, la più grande provincia dell’Iraq. La conquista di questa città sunnita è stata la principale vittoria dell’Isis nel 2015. Ma non fu una vera battaglia: a maggio le forze del governo abbandonarono la città, e si trattò per le forze armate irachene del colpo peggiore prima della “consegna” di Mosul ai jihadisti avvenuta nella stessa modalità un mese dopo. La riconquista di Ramadi avviene nel dicembre del 2015, segnando la prima vittoria importante per le forze di Baghdad addestrate dagli Stati Uniti dopo la proclamazione del Califfato nero.
SINJAR, 7 mesi fa Sinjar, città curda situata a 30 chilometri dal confine iracheno con la Siria è stata liberata lo scorso novembre. Una liberazione lampo nel corso di una offensiva lanciata dai peshmerga curdi durata un solo giorno. L’operazione militare condotta dai circa 7.000 combattenti, è stata sostenuti dai raid aerei statunitensi e dai consiglieri americani presenti sul campo. Sinjar è situata su una strada che collega Mosul (nord), capitale dell’Isis in Iraq, ai territori controllati dal gruppo in Siria e che permetteva ai jihadisti di far circolare materiale e uomini fra i due Paesi. Ma oltre all’aspetto strategico, c’è quello simbolico: Sinjar infatti è de facto la capitale degli yazidi, comunità presa di mira con particolare violenza dall’Isis.
Vale la pena ricordare che tra le principali battaglie perse dai jihadisti in Iraq, c’è anche Bijii liberata nel novembre del 2014. Dopo cinque mesi di aspri combattimenti, la la cittadina a nord di Baghdad che ospita la principale raffineria petrolifera del Paese è stata riconquistata. Si è tratta di un`importante vittoria che ha posto le premesse per la rinascita politica e socioeconomica dell`Iraq. Non meno importnte strategicamente la presa di Tikrit, città sunnita che ha dato i natali al defunto dittatore iracheno Saddam Hussein riconquistata nel marzo del 2015.
SIRIA: PALMIRA, 3 mesi fa Nel marzo scorso, dopo la città vecchia, l’esercito siriano, ha riconquistato il controllo dell’intera città di Palmira, cacciando dopo quasi un anno dal sito archeologico i miliziani dell’Isis. L’offensiva è proseguita per molte ore, decisivo è stat l’intervento dell’aviazione russa che dal settembre 2015 ha deciso di intervenire pesantemente a sostegno del regime del presidente Bashar al Assad. Nella loro avanzata, oltre al sostegno di Mosca dal cielo, le forze armate siriane sono state aiutate a terra dalla Brigata di Fatima, un gruppo di miliziani sciiti provenienti da Libano, Iraq e Afghanistan. Una sconfitta quella dell’Isis che ha lasciato il segno ma soprattutto ha aperto la strada alle truppe di Assad verso Raqqa, il cuore del Califfato.
MINBEJ, oggi Minbej è una cittadina siriana che si trova sull’asse principale di rifornimento dell’Isis dalla Turchia, ormai unica via percorribile dai jihadisti da e per mondo esterno. La strada che collega Raqqa alla frontiera turca è stato interrotto proprio ieri dopo l’accerchiamento totale della città di Minbej come riporta l’Osservatorio siriano dei diritti umani.
“L’ultima strada che collega Minbej alla frontiera turca è stata tagliata stamattina dalle Forze democratiche siriane (FDS)’, una coalizione arabo-curda sostenuta da Washington, ha indicato Rami Abdel Rahmane, direttore dell’Osservatorio. L’organizzazione jihadista controlla ancora una striscia frontaliera e alcune strade secondarie verso la Turchia, ma più pericolose e di più difficile accesso.
Nel corso degli ultimi giorni i combattenti di FDS appoggiati dai raid della coalizione a guida Usa, era riuscita a tagliare la strada che collegava Minbej all’altro passaggio di frontiera, quello di Jarablos, più a nord. “Oggi hanno tagliato l’ultima strada che collega Minbej al varco di Al-Rai, sul lato Nord-ovest”, ha precisato Abdel Rahmane. L’asse tra Minbej e Raqqa, più ad Est, è stato interrotto anch’esso.
LIBIA: SIRTE, oggi L’Isis aveva fatto la sua comparsa in Libia agli inizi del 2015 presentandosi al mondo con le immagini della decapitazione di 21 cristiani copti di origine egiziana sgozzati sulle spiagge di Misurata. Dopo aver perso il controllo di Misurata i jiahdisti si erano arroccati a Sirte occupando anche una striscia di 250 chilometri di costa al centro dell`omonimo golfo nel quale sono presenti i più importanti terminali petroliferi del Paese.
Dopo settimane di preparazione, il governo d’unità nazionale di Faez Al Serraj, voluto dalla comunità internazionale ma non ancora riconosciuto dai parlamenti contrapposti di Tripoli e di Tobruk, è riuscito a organizzare un`offensiva militare a tenaglia che nelle ultime 24 ore ha raggiunto l`obiettivo di circondare completamente la città.
L`offensiva ha visto impegnate le milizie di Misurata che, dopo essersi schierate con il governo di Serraj, tre settimane fa hanno attaccato Sirte da occidente, coordinando le proprie operazioni con la potente milizia petrolifera, la Petroleum Facilities Guard (Pfg) che muovendo da est ha prima conquistato la città di Harawa, a 70 chilometri da Sirte, e poi è avanzata verso i sobborghi di quella che fino a ieri, era l`ultima roccaforte dell`Isis in Libia. Le milizie di Misurata hanno stretto la città anche da sud, mentre unità della marina libica hanno chiuso ogni via di fuga attraverso il mare. Forse è presto per parlare di sconfitta dei terroristi. L`Isis è arrivato portandosi dietro le decapitazioni, che sono diventate il suo “marchio di fabbrica”. Non è da escludere che la contestuale perdita di territori possa spingere la leadership dell’organizzazione ad adottaredi tattiche di guerriglia e il progressivo abbandonare la politica di controllo amministrativo dei territori. Un possibile cambio di strategia che potrebbe sfociare in una recrudescenza in Occidente, con attacchi terroristici in Europa.