Camper incendiato, l’immagine che apre una pista. In Italia 28mila rom in emergenza abitativa

Arse vive tre sorelle di 20, 8 e 4 anni. Genitori e fratelli sarebbero riusciti a scappare dal rogo. Omicidio volontario e incendio doloso i reati ipotizzati

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Una figura nella notte che lancia un oggetto e poi le fiamme che divampano. E’ questa l’immagine ripresa dalle telecamere su cui sono al lavoro gli investigatori della polizia in merito al rogo di un camper di nomadi avvenuto nella notte in zona Casilino, in un parcheggio di via Mario Ugo Guattari. I fotogrammi sono all’esame di chi indaga per cercare di ricostruire quanto avvenuto. “Il quadro non è completo”, si aggiunge a piazzale Clodio. I magistrati comunque procedono per omicidio volontario e incendio doloso. All’esterno del camper sono state trovate tracce di liquido infiammabile. Le vittime sono tre sorelle rom: Elisabeth, 20 anni, Angelica, 8 e Francesca di 4. Genitori e fratelli sarebbero riusciti a scappare dal rogo. L’intervento dei Vigili del Fuoco non ha potuto far molto. Sul posto sono intervenuti poi i poliziotti della Squadra Mobile, della Digos e dei commissariati di Tor Pignattara e Prenestino. La Scientifica ha compiuto tutti i rilievi del caso. Alcuni testimoni avrebbero raccontato che “venerdì sera a via Romolo Balzani è andato a fuoco un altro camper per fortuna vuoto. Quei nomadi parcheggiavano di solito vicino a villa de Santis. Vivevano qui intorno, li vedevamo spesso”. Chi indaga vuol accertare la tipologia delle minacce e individuare il movente dietro cui si è consumata la tragedia: ovvero se sia stato un gesto razzista o un atto maturato all’interno della comunità rom.  La procura di Roma ipotizza anche l’omicidio volontario a carico di ignoti. Alcune telecamere in ogni caso potrebbero aver filmato la scena e sono in corso le audizioni dei superstiti al rogo di un camper che ha causato la morte di tre persone. La famiglia rom vittima del rogo sarebbe stata minacciata. Questo dato emergerebbe dal racconto fatto da diversi testimoni ascoltati nelle ultime ore dagli investigatori. Il pubblico ministero vuole far luce su questo ed altri aspetti al fine di accertare se l’innesco sia stato dovuto ad un risentimento interno alla comunità nomade o in qualche modo connesso ad odio razziale. Il magistrato attende novità anche dalla autopsia che è stata disposta.

IN ITALIA 28MILA ROM IN EMERGENZA ABITATIVA Il numero di persone appartenenti alle comunita’ rom presenti in Italia resta imprecisato – le stime si mantengono all’interno di una forbice compresa tra le 120mila e le 180mila unita’ – ma l’Associazione 21 Luglio nell’ultima edizione del suo Rapporto annuale quantifica in 28mila i rom e i sinti che vivono “in emergenza abitativa”, ovvero in baraccopoli istituzionali, baraccopoli informali, micro insediamenti e ‘centri di raccolta’. Si tratta di 149 insediamenti distribuiti in 88 comuni italiani. Circa 1.300 persone, in prevalenza sinti, vivono invece in una cinquantina di microaree dell’Italia centro settentrionale. Circa il 3% e’ effettivamente nomade, l’aspettativa di vita e’ inferiore di 10 anni a quella della popolazione italiana, il 55% ha meno di 18 anni. Dei rom presenti nelle baraccopoli istituzionali il 37% ha cittadinanza italiana. Nelle baraccopoli informali e nei micro insediamenti sono presenti per il 92% cittadini romeni. A Roma, si e’ concluso in marzo il censimento della popolazione rom, sinti e caminanti realizzato dalla Polizia locale del Campidoglio, secondo cui nei nove campi attrezzati vivono 4.500 persone. Altre 1.145 vivono in 11 aree ‘tollerate’, di cui una a ridosso del villaggio attrezzato della Barbuta. Un’analoga rilevazione condotta nel 2009 dalla Croce rossa italiana per conto dell’allora prefetto Giuseppe Pecoraro stimava complessivamente 2mila presenze in piu’.

L’attuale amministrazione a 5 Stelle di Virginia Raggi il 31 gennaio scorso ha stilato un documento con le sue linee guida per “l’inclusione di rom, sinti e caminanti”. Il piano del Comune prevede di avviare un progetto che porti al “superamento” dei campi, che coinvolgera’ “sperimentalmente i campi di Monachina e La Barbuta, comportera’ la necessita’ di offrire adeguata sistemazione alle persone rom che progressivamente li abbandoneranno”. Ma ancora non e’ dato sapere se e quando partira’. L’idea e’ anche quella di “individuare i nuclei familiari che avevano gia’ dimostrato la volonta’ di uscire dal campo e che ne hanno i mezzi, e quelli che avevano fatto richiesta per un alloggio o per il contributo all’affitto come gia’ accade in molti casi”. In sostanza, il Rapporto dell’Associazione 21 Luglio denuncia una preoccupante “mancanza di strategia” a livello nazionale, stigmatizzata anche dal Comitato europeo sui diritti sociali del Consiglio d’Europa che ha ribadito la non conformita’ della situazione italiana alla Carta sociale europea. Di piu’: “nel 2016 si e’ concretizzato il rischio che il superamento dei campi intraprenda talvolta derive lesive dei diritti umani, tramutandosi di fatto in uno sgombero forzato o in un’ulteriore segregazione abitativa. E’ accaduto a Milano con la chiusura dell’insediamento di via Idro, a Roma con la chiusura dei centri di raccolta rom di via Salaria e di via Amarilli, a Giugliano agli abitanti dell’insediamento di Masseria del Pozzo”. Le baraccopoli istituzionali sono gestite dalle autorita’ pubbliche ma restano “al di sotto degli standard internazionali, relativamente sia alle condizioni igienico sanitarie sia rispetto alle condizioni strutturali dell’insediamento stesso e delle unita abitative”. Le baraccopoli informali sono insediamenti spontanei, definite impropriamente “campi abusivi” e consistenti in abitazioni precarie (roulotte, tende, baracche auto costruite con materiale di risulta, lamiere o legno), spesso senza acqua corrente, senza riscaldamento, senza luce e senza impianti fognari.