“Ho agito per stato di necessita’, i migranti minacciavano il suicidio, non potevo attendere oltre. Per giorni ho chiesto alle autorita’ un porto sicuro, ma non ho mai avuto risposta”. Davanti al Gip di Agrigento, la capitana Carola Rackete ha rivendicato ogni scelta fatta dal 12 giugno, il giorno che a 47 miglia dalla Libia ha soccorso una sessantina di migranti, fino alla notte del suo arresto, 17 giorni dopo, quando per l’ennesima volta ha violato i divieti della Guardia di Finanza ed ha attraccato di forza al molo di Lampedusa.
E, come aveva gia’ fatto rivolgendosi direttamente ai finanzieri, ha confermato che non aveva intenzione di far male a nessuno: “mi ero resa conto dell’ormeggio in banchina della motovedetta ma credevo sinceramente che i finanzieri si spostassero mentre io mi avvicinavo. Ho commesso un errore, non volevo colpirli”. L’interrogatorio della capitana della Sea Watch e’ durato poco meno di 3 ore: Carola e’ arrivata in tribunale ad Agrigento direttamente da Lampedusa, dove era ai domiciliari, con una motovedetta della Gdf che l’ha sbarcata sul molo di Porto Empedocle. E ha risposto al giudice, dicono gli stessi pm al termine, in maniera “collaborativa, serena ed estremamente lucida”.
Il procuratore Luigi Patronaggio e l’aggiunto Salvatore Vella hanno chiesto la convalida dell’arresto sia per la violazione dell’articolo 1100 del codice della navigazione, atti di resistenza con violenza nei confronti di una nave da guerra, sia per resistenza a pubblico ufficiale. La procura ritiene che la manovra che ha provocato lo “schiacciamento” sulla banchina della motovedetta sia stata fatta “con coscienza e volonta’”. “Non c’era uno stato di necessita’ poiche’ la Sea Watch aveva ricevuto, nei giorni precedenti, assistenza medica ed era in continuo contatto con le autorita’ militari per ogni tipo di assistenza” ha spiegato Patronaggio.
Il procuratore ha anche precisato che lo stato di necessita’ invocato per il salvataggio dei migranti sara’ invece al centro dell’altro fascicolo sulla vicenda, quello in cui la comandante e’ indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per il quale sara’ sentita nei prossimi giorni. In questo caso i pm verificheranno se i porti libici possono ritenersi sicuri, se la zona sar libica sia efficacemente presidiata e, soprattutto, se vi siano stati contatti tra i trafficanti di esseri umani e la Sea Watch.
Al momento, aggiunge ancora Patronaggio, e’ sufficiente per Carola il divieto di dimora in provincia di Agrigento, in particolare nei porti di Lampedusa, Licata e Porto Empedocle. “Abbiamo ritenuto, in relazione alle circostanze di questo caso e alla personalita’ del soggetto, che tale misura sia idonea a salvaguardare eventuali ulteriori esigenze cautelari”. Carola tornera’ dunque in liberta’ gia’ forse domani anche se dovra’ ripresentarsi ad Agrigento il 9 luglio per l’interrogatorio davanti ai pm. “Espelleremo la ricca fuorilegge tedesca” ha ribadito Matteo Salvini che, subito dopo la decisione del gip, si dice pronto ad allontanare per motivi di sicurezza la giovane capitana della Sea Watch con l’accompagnamento in Germania.
Il ministro ha anche riunito i tecnici al Viminale affinche’ valutino gli emendamenti al dl sicurezza bis per raddoppiare le sanzioni previste, anche alla luce del caso Sea Watch. La misura dell’allontanamento della donna rischia pero’ di non poter essere attuata visto che la procura non ha firmato il nulla osta richiesto dal prefetto. Per il ministro, comunque, le parole di Patronaggio “sono chiarissime: la fuorilegge merita il carcere”. Intanto l’inasprirsi del botta e risposta tra Italia e Germania sulla sorte di Carola ha spinto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad intervenire.
“La questione e’ nelle mani della magistratura. La Costituzione prevede una assoluta divisione dei poteri, la nostra magistratura e’ di assoluta indipendenza e io ho in essa molto fiducia” ha detto invitando tutti ad un “abbassamento dei toni” in modo da affrontare “con maggiore serenita’ e concretezza” l’intera questione delle migrazioni. Parole che il premier Conte aveva gia’ rivolto alla cancelliera tedesca Angela Merkel in mattinata dopo che il ministro degli esteri di Berlino Heiko Mass aveva chiesto nuovamente la liberazione della capitana e la portavoce dell’esecutivo Martina Fietz aveva ribadito come il governo fosse “contro la criminalizzare dei soccorritori in mare”. “Le ho detto – ha sottolineato Conte – che, come in Germania, l’esecutivo e’ distinto dal potere giudiziario” e, dunque, la sorte di Carola non dipende dal governo ma “dalla magistratura”. A sperare che tutto finisca presto e’ il padre di Carola, Ekkehart Rackete: “penso – dice – che la pressione internazionale sul governo italiano fara’ la differenza”.