Cassazione e Antimafia, caso impresentabili infuoca Regionali
Il candidato del Pd a governatore Campania, De Luca, è condannato in primo grado per abuso d’ufficio. Rischio decadenza? “Sono tranquillo ci pensa Renzi”
Occhi puntati sulla commissione parlamentare antimafia, che venerdì dovrebbe diffondere ufficialmente il suo elenco di candidati cosiddetti impresentabili: sarà l’ultimo sussulto della campagna elettorale, che trova i suoi motivi di interesse soprattutto neull’incertezza del risultato ligure dopo la frattura fra Pd e sinistra civatiana e nell’incognita rappresentata da Vincenzo De Luca in Campania. E se per De Luca gli “impresentabili” sono solo una “nuova categoria sociologica”, il leader M5s Beppe Grillo punta molto sugli imbarazzi che la verifica dell’antimafia può suscitare nel centrodestra e nel centrosinistra e per questo ha sfidato la presidente della commissione Rosy Bindi lanciando una campagna social con l’hashtag #Bindifuoriinomi.
L’ex sindaco di Salerno, condannato in primo grado per abuso d’ufficio, conta sul fatto di poter essere prima proclamato presidente e poi sospeso senza troppa fretta (dal prefetto) in base alla legge Severino. Punta ad avere il tempo necessario a nominare un vicepresidente e una giunta, in modo da poter poi attivare l’iter del ricorso contro la sospensione. “Se la Cassazione stabilisce che la competenza, in merito alla Severino, è del tribunale ordinario, piuttosto che del Tar, per noi non cambia assolutamente nulla. Tutto come prima”, ha dichiarato, ostentando sicurezza. Un orientamento rafforzato dalla presa di posizione del vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini: “La decisione della Cassazione non cambia l’essenza della questione”, ha osservato, auspicando che “la giustizia ordinaria sia in grado di assicurare tempi che possano essere garanzia per poter dare a questa Regione le risposte che devono essere date”.
De Luca ha chiamato in causa direttamente il premier: “Il presidente del Consiglio – ha spiegato – ha chiaramente definito la Severino un problema superabile, confermando che chi viene scelto dai cittadini, con un voto democratico, potrà tranquillamente governare”. Ma l’esponente democratico resta un candidato indebolito dalla sua delicata posizione giuridica, ed è questa la carta che gioca il suo rivale, il presidente uscente della regione Campania Stefano Caldoro (Fi). Citando le parole di Renzi sui pregi dell’Italicum, ha alluso ai guai del suo avversario: “Noi il giorno dopo dobbiamo avere un presidente di regione, quindi andiamo a votare i candidati che il giorno dopo possono prendere possesso del ruolo e sono pronti ad affrontare i gravi problemi che ha la Campania”.
In coda alla campagna elettorale delle regionali, comunque, l’Italia vive un piccolo revival del ventennio passato, con la sfida polemica a distanza fra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.
Il leader di Forza Italia oggi ha provato da Genova a motivare i suoi elettori, spiegando che “se facessimo un tris di vittorie in Veneto, Campania e anche Liguria, credo che una parte del Pd potrebbe costringere Renzi a dare le dimissioni e noi potremmo chiedere le elezioni per tornare ad essere un Paese veramente democratico”. “E’ finita la fase in cui Berlusconi ci rovinava i sogni dalla mattina alla sera”, ha replicato il presidente del Consiglio, che comunque ha invitato i suoi a “non dare nulla per scontato, l’astensionismo in particolare”, l’incognita più grande di questa tornata elettorale.