Non autorizzato dal governo centrale di Madrid, il referendum sull’indipendenza catalana, che deve essere ancora formalmente convocato, non avrà alcun effetto sulla permanenza della regione spagnola nell’Unione Europea in quanto tutt’al più potrebbe avere solo valore simbolico e consultivo. È da rilevare, da questo punto di vista, la differenza col referendum sull’indipendenza della Scozia dal Regno Unito che si è tenuto nel 2014 e ha visto il “no” all’indipendenza prevalere col 55,3% dei voti. In quel caso la consultazione era autorizzata dal governo centrale di Londra che si impegnava a riconoscerne l’esito. In caso di vittoria dei “si”, secondo quanto stabilito dai trattati europei la secessione della Scozia dal Regno Unito (allora nella Ue a tutti gli effetti) avrebbe determinato la necessità per la nuova nazione di presentare domanda di ammissione alla Ue. Il leader della regione autonoma spagnola della Catalogna Carles Puigdemont, dove il movimento separatista ha un grande seguito, ha annunciato che indirà un referendum sull’indipendenza il 1 ottobre, un’iniziativa che inevitabilmente inasprirà le tensioni con Madrid. Parlando a Barcellona, Puigdemont ha detto che il quesito sarà: “Volete che la Catalogna diventi uno stato indipendente sotto forma di repubblica?”. E’ dal 2012 che i dirigenti separatisti catalani reclamano un referendum sull’autodeterminazione e in caso di vittoria del “si” sono risoluti a annunciare immediatamente la “sconnessione” dalla Spagna della Catalogna, regione con sette milioni e mezzo di abitanti. Il governo spagnolo guidato dal conservatore Mariano Rajoy ha sempre assicurato che un tale referendum non sarà consentito in quanto non previsto dalla costituzione spagnola. “Sino a che sarò presidente del governo, questo referendum non si farà” ha ribadito ancora il 27 maggio in Catalogna Rajoy.
In teoria era la stessa situazione presente in Regno Unito, visto che la costituzione britannica riserva il potere di decidere in tema di referendum sull’indipendenza al parlamento del Regno Unito. Ma in quel caso, con gli ‘accordi di Edimburgo’, firmati dal governo britannico e da quello scozzese, venne stabilito un trasferimento temporaneo dell’autorità legale in materia dal potere centrale alle autorità scozzesi. Secondo i più recenti sondaggi, il 44,3% dei catalani è a favore dell’indipendenza mentre il 48,5% vuole restare con la Spagna ma, in ogni caso, una grandissima maggioranza dei catalani vuole comunque esprimersi sul tema tramite referendum. Al momento l’esecutivo catalano sta preparando una legge regionale – i cui contenuti sono ancora segreti – che dovrebbe conferirgli il potere di convocare il referendum superando i divieti definiti dall’ordine giuridico spagnolo. A inizio marzo il Consiglio di Garanzia, massima istanza di interpretazione legislativa della Catalogna, ha bocciato il referendum sull’indipendenza promosso dal governo regionale catalano confermando quanto peraltro già stabilito dalla Costituzione spagnola, ovvero che il potere di organizzare delle consultazioni popolari su questioni che riguardino l’insieme del Paese spetta solo all’esecutivo centrale. Il Consiglio – equivalente regionale della Corte Costituzionale – era intervenuto su sollecitazione del governo della Generalitat per pronunciarsi sulla legge finanziaria del 2017, che prevede anche le spese relative all’organizzazione del voto; il suo parere tuttavia è esclusivamente consultivo e l’esecutivo guidato da Carles Puigdemont aveva ribadito anche in quell’occasione la decisione – formalizzata oggi – di voler celebrare la consultazione in autunno.