Politica

Catalogna, urne aperte per il referendum. Irruzione della polizia nei seggi, primi feriti

Primi feriti e interventi delle ambulanze per il referendum in Catalogna dove la polizia nazionale cercando di impedire il voto. In particolare una donna anziana e’ stata ferita durante l’irruzione della polizia nazionale nella scuola Freire del quartiere Roquetes a Barcellona, dove era allestito un seggio per il voto del referendum catalano. Secondo il quotidiano El Pais, varie persone sono rimaste ferite a causa dell’intervento della polizia anche nel seggio allestito alla scuola Mediterranea della Barceloneta. Le immagini mostrano agenti in tenuta antisommossa e persone in terra. In diversi altri punti della citta’ gli agenti stanno sgomberando i seggi e si segnalano scontri tra cittadini e forze dell’ordine. Al momento non si registrano arresti. In mattinata, il Governo catalano ha annunciato a sorpresa che tutti gli elettori che ne abbiano diritto potranno votare in qualunque locale adibito a seggio. Lo scopo e’ quello di incrementare la mobilitazione. “Qualunque cittadino puo’ andare a votare in ogni punto elettorale e avra’ la doppia conferma del suo voto, questo rallentera’ il procedimento ma garantira’ che tutti possano votare”, ha detto il portavoce del governo catalano, Jordi Turull. “Ci saranno schede in tutti i seggi”, ha aggiunto. Dunque, dopo una notte difficile tra sgomberi e sigilli in migliaia di seggi per impedire l’accesso agli elettori questa mattina sono centinaia le persone in fila per il voto sull’indipendenza. Le pattuglie del Mossos poste a controllo dei seggi in Catalogna si sono limitate alla verifica senza chiudere i seggi né sequestrare le urne. E dopo qualche minuto di controlli hanno lasciato le urne tra gli applausi. Negli ultimi giorni le autorità nazionali spagnole non hanno lasciato nulla di intentato per fermare il referendum sull’indipendenza della Catalogna che chiama alle urne oltre 5,3 milioni di elettori. Il referendum di oggi sull’indipendenza segna il culmine di un intenso mese di settembre, cominciato con il via libera del Parlamento catalano alla legge che spianava la strada alla consultazione e proseguito con la sospensione del referendum da parte della Corte costituzionale e con arresti e proteste.

Ieri si è consumata l’ultima puntata dello scontro tra il governo centrale di Madrid, che ha schierato 10mila agenti della guardia civile in rinforzo ai 17mila Mossos d’Esquadra, e quello regionale di Barcellona, sostenuto da oltre il 60% dei catalani che dice di voler votare. Le forze dell’ordine nell’ultima settimana hanno sequestrato urne e schede elettorali, oltre a sigillare gran parte delle scuole in cui si dovrebbero installare i seggi. Le autorità catalane hanno assicurato che il voto si svolgerà in ogni caso. Sulle schede gli elettori troveranno al domanda: “Vuoi che la catalogna diventi uno Stato indipendente in forma di Repubblica?”. In Catalogna la maggioranza di governo a favore dell’indipendenza ha ottenuto alle ultime elezioni nel 2015 il 47,8%. Dal momento che tutte le opposizioni si sono schierate contro il voto, l’indipendentismo dovrebbe fermarsi quindi poco al di sotto del 50% del consenso. La situazione è però complicata dal fatto che l’elettorato dei partiti tradizionali si è diviso, ed esiste una porzione del 10% di indecisi. Inoltre la formazione Catalunya en Comù della sindaca di Barcellona Ada Colau (vicina a Podemos) non ha mai dato indicazioni di voto. Socialisti, Popolari e Ciudadanos si oppongono. Si stima che una quota superiore al 75% dei catalani chieda oggi che la consultazione avvenga, ma molti preferirebbero fosse concordata con il governo spagnolo. Secondo i sondaggi, il pugno duro di Madrid avrebbe fatto alzare la percentuale di chi dice che si dovrebbe comunque poter votare. Dal momento che le formazioni unioniste diserteranno i seggi, la vittoria del “Sì” è data per scontata.

Dando per certa la vittoria del “Sì”, sarà importante capire quanti elettori saranno in grado di votare, con la polizia schierata per fermarli e pronta a dare multe fino a 300mila euro. Se gli indipendentisti dichiareranno comunque valido il referendum, è previsto che si attivi la ‘ley de desconexion’: una dichiarazione unilaterale di indipendenza che avvia il processo di separazione. “Il Sì implicherà ciò che prevede il referendum: entro 48 dalla pubblicazione del risultato, il parlamento regionale firmerà la dichiarazione ed entrerà in vigore la legge transitoria”, ha dichiarato il ministro degli Esteri della Generalitat Raul Romeva. Un parziale passo indietro è arrivato dal presidente della catalogna, Carles Puigdemont. Intervistato dal quotidiano Ara, alla domanda se sia a favore di una dichiarazione unilaterale, il leader catalano ha detto che “tutti capiscono che le grandi decisioni devono essere concordate” e che si dovrebbe perseguire una “agenda politica per attuare i risultati” che sia “ragionevole, realistica ed efficace” per fare sì che quanto ottenuto con il referendum del 1 ottobre “non si perda” e “non si rovini” nei giorni successivi. L’ipotesi più probabile è quindi che si apra un difficile negoziato tra Madrid e Barcellona. Ipotesi sostenuta anche dal leader socialista Pedro Sanchez, secondo cui “l’unica vittoria in catalogna è l’accordo” e non “la politica dei blocchi”. Nel caso, molto improbabile, di una vittoria del ‘No’, il governo catalano ha già annunciato che di dimetterebbe per andare a nuove elezioni.

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