di Barbara Acquaviti
La parte in cui scagiona Verdini e Letta e si assume interamente la responsabilità del fallimento del patto del Nazareno è contenuta nel documento, scritto e perciò ben calibrato, che sottopone ai suoi parlamentari. Quella, invece, in cui si scaglia contro (l’assente) Raffaele Fitto e gli intima di decidere entro 15 giorni se vuole stare dentro o fuori Forza Italia è più viscerale, figlia di una irritazione che ormai appare non più contenibile. Così, davanti ai gruppi riuniti alla Camera, Silvio Berlusconi descrive a deputati e senatori il “cambio di linea” che d’ora in poi Forza Italia avrà nei confronti di quel Matteo Renzi che ha cambiato “le carte in tavola” per gestire potere e istituzioni in maniera autoritaria. “Peccato, ci avevo sperato”, sembra dire il Cavaliere facendo trasparire una delusione che è stata cocente. Il leader azzurro non fa nomi ma è un dato di fatto che l’obiettivo sia “assolvere” quello che Maria Rosaria Rossi aveva definito il “duo tragico”. “La linea politica seguita fin qui – spiega – era la mia linea politica. Se c’è una responsabilità è mia”. Non dunque, di Letta e Verdini. Berlusconi evita di dire sin da ora se alla prova del voto finale su riforme e Italicum Forza Italia si schiererà per il no. “Valuteremo alla fine”, è il ragionamento. Più che di una porta ancora aperta verso il Pd, però, si tratterebbe di un modo per “camuffare” l’inversione di 180 gradi che porterà gli azzurri a votare contro quelle stesse leggi che aveva finora sostenuto.
NO DIKTAT Nel tentativo di placare le turbolenze interne e i timori di una Forza Italia zerbino di Salvini, prova anche a mettere i punti sulle i sui rapporti con la Lega: “Nessuno – dice – può lanciare dei diktat” su candidati e alleanze per le Regionali, “non consegneremo le chiavi del centrodestra” al Carroccio. Per buona parte, insomma, l’intervento dell’ex premier sembra essere una mossa per ricompattare le truppe, per rimettere ordine e ripristinare la sua leadership uscita malconcia dalle ultime giornate: evitiamo le recriminazioni e tutti – esorta – partecipino alla nuova fase. Ricompattare sì, ma la condizione è che finisca il controcanto fittiano. L’eurodeputato non c’è alla riunione ma a disertarla è l’intero gruppo di una quarantina di parlamentari che a lui fanno riferimento.
LO STATUTO Non da oggi Berlusconi coltiva il desiderio di cacciare l’esponente pugliese come già fece con Fini: nei suoi ragionamenti i due vengono sempre più accomunati. Ma lo Statuto di Forza Italia non viene in suo soccorso e manca, per assenza di probiviri, la possibilità di deferire tutta la pattuglia dei fondisti. Berlusconi ipotizza anche la sospensione per tre mesi, da reiterare per ulteriori tre mesi. Ma alcuni interventi improntati alla necessità di ritrovare l’unità, tra cui quello di Augusto Minzolini e Altero Matteoli, placano momentaneamente la furia del Cav e la questione resta fuori dal documento finale votato all’unanimità. Resta però l’ultimatum: dentro o fuori in 15 giorni. Fitto aspetta un’oretta, ma non arriva nessuna smentita. E replica a muso duro al Capo: “La domanda nasce spontanea, dopo l’ipotesi di una nostra ‘cacciata’ (in 15 giorni, apprendo dalle agenzie…). Perché? Perché facciamo opposizione? Perché abbiamo avuto ragione sulle riforme, e, purtroppo, su tutto il resto?”. Ed è solo l’inizio: per il 21 febbraio è confermato un raduno dei “ricostruttori” a Roma.