di Barbara Acquaviti
E’ come se da una parte si puntellasse la stalla e dall’altra si lasciassero aperte le porte, consentendo ai buoi di scappare. E’ un po’ quello che sta accadendo a Forza Italia e Silvio Berlusconi. Perché, fuori di metafora, da una parte il Cavaliere incontra Matteo Salvini e Giorgia Meloni per consolidare il centrodestra, annunciando che ci saranno candidati comuni in tutte le città, mentre dall’altra c’è il suo partito che è in ebollizione. Non che sia una novità: ormai gli azzurri sono perennemente sull’orlo di una crisi di nervi e sarebbero capaci di dividersi anche tra sostenitori del presepe o dell’albero di Natale. Figurarsi, dunque, cosa può succedere se circola un’indiscrezione secondo la quale, scrive Lettera43, Berlusconi era pronto a nominare tre coordinatori territoriali: Vincenzo Gibiino al Sud, Salvatore Cicu al Centro e Andrea Mandelli al Nord. Notizia che da palazzo Grazioli è stata smentita come “destituita di fondamento”, ma che – stando ai capannelli dei parlamentari in Transatlantico – non era certo frutto solo di una fervida immaginazione. Pare, infatti, che il tutto sia nato dall’esigenza di rimuovere Gibiino dal coordinamento siciliano che adesso ricopre: “Beghe territoriali”, la spiegazione. E forse non è un caso che ieri alla Camera si sia rivisto Gianfranco Micciché, lo stratega del 61 a zero. La nomina a responsabile del Sud, insomma, sarebbe avvenuta nella logica del ‘promoveatur ut amoveatur’. Se l’ex premier ha pensato di cavarsela così, evidentemente si è sbagliato di grosso perché l’effetto è stato quello di rinfocolare lo stato di psicodramma perenne nel suo partito e alimentare reazioni che andavano da ‘allora è vero che sta dismettendo tutto’ a ‘basta, ora vado con Verdini’.
Tutto questo accadeva mentre a palazzo Grazioli, per la prima volta, i tre leader del centrodestra si riunivano per cercare di dare un seguito anche programmatico alla piazza di Bologna. La riunione è durata più o meno un’ora e da essa non è emerso nessun nome per le prossime amministrative. Raccontano che, più che altro, Berlusconi, Salvini e Meloni si siano dilettati a spuntare i nomi di coloro che non raccoglievano il consenso unanime. Si è deciso che sarà istituito un tavolo con i rappresentanti dei tre partiti, Fi-Lega-Fdi, ma saranno i tre capi a decidere sulle partite più importanti, ossia: Roma, Milano, Torino, Napoli. Partite che si annunciano complicate, soprattutto per quanto riguarda la Capitale e capoluogo lombardo. Nel comunicato congiunto finale, infatti, si sottolinea che la scelta ricadrà sul candidato che ha più chance di vincere e non basandosi sull’appartenenza partitica. Eppure, per esempio, Matteo Salvini punta ad avere un leghista per Milano mentre resta ancora in sospeso la questione Roma: Giorgia Meloni ha ribadito il suo veto su Marchini ma non avrebbe sciolto la riserva su una sua candidatura, lasciando però capire che ne farebbe volentieri a meno se si trovasse un altro candidato comune. Nell’incontro, che nella stessa nota congiunta viene definito “cordiale”, si è anche fissata una linea comune sulla politica estera: “La guerra al fondamentalismo terrorista – si sottolinea – deve essere la priorità assoluta della comunità internazionale, e l’Europa deve assumere un ruolo centrale nella tutela della sicurezza, della libertà dei suoi cittadini e nella difesa dei valori che la caratterizzano”, mentre “si è dovuta riscontrare l’inconsistenza del governo italiano”.