La Corte Europea: “Nessuno può essere condannato due volte per lo stesso reato” Berlusconi spera nell’accoglimento del ricorso e oggi torna da protagonista al Senato
Se martedì era stata la giornata della doppia amarezza, con il cedimento a Renzi sulla legge elettorale e il divieto del tribunale di Milano al viaggio a Dublino per partecipare al Congresso del Ppe, ieri Silvio Berlusconi si è rifatto con gli interessi. Incassando due punti fondamentali sia dal punto di vista giudiziario che da quello politico. La Corte Europea dei Diritti dell’uomo, infatti, accogliendo il ricorso di Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti sul caso dell’equity swap Ifil-Exor sulla base del principio del “ne bis in idem”, ha di fatto aperto la strada all’analogo appello a Strasburgo del Cavaliere, che contesta ai magistrati proprio di averlo processato due volte per lo stesso reato. La buona notizia, inoltre, è arrivata nelle stesse ore in cui Berlusconi incontrava l’ambasciatore Usa in Italia John Phillips. Una “colazione” di lavoro irrituale che conferma la centralità dell’ex premier, sentenze a parte, specie ora che sull’Ucraina soffiano i venti di guerra russi. Strasburgo, innanzitutto.
La Corte europea ha ritenuto che i diritti umani di Grande Stevens e Gabetti fossero stati violati perché sono stati condannati due volte per lo stesso reato. L’ordinamento italiano difatti, seguendo il principio del diritto romano del “ne bis in idem” secondo cui non si può essere condannati due volte per lo stesso reato, lo limita ai processi penali. Mentre si può essere condannati sia penalmente che civilmente che amministrativamente in distinti procedimenti per il medesimo reato. Ma stavolta la Corte di Strasburgo, le cui sentenze fanno giurisprudenza anche nel nostro Paese, ha detto basta. Grande Stevens e Gabetti erano infatti già stati condannati nel 2009 dalla Consob, oltre non si poteva andare. Allo stesso modo quindi, anche Silvio Berlusconi non avrebbe potuto essere nuovamente processato penalmente, dopo aver pagato in sede civile per l’evasione fiscale nella vicenda Mediaset. Non è un caso che nel pool di avvocati che ieri ha vinto a Strasburgo figuri anche Franco Coppi, legale del premier in Cassazione. Anche in questo caso, così come in quello del Cavaliere, la giustizia italiana aveva bocciato il ricorso, per ben tre volte, definendolo manifestatamente infondato. Ma in Europa il quadro si è ribaltato.
In attesa dell’esito del ricorso di Berlusconi, a cui però è stata negata la procedura di urgenza, il Cavaliere oggi vivrà un’altra giornata dal grande valore simbolico. Se non ci saranno colpi di scena, infatti, rientrerà in Senato per la prima volta dal giorno della decadenza. Quando Berlusconi fu espulso dal Parlamento, infatti, giurò che non avrebbe più rimesso piede in nessuna delle due Camere. Ma il proposito era già stato «violato» all’epoca delle consultazioni per la nascita del governo Renzi, quando l’ex premier si era recato a Montecitorio per confrontarsi con il segretario del Pd. Stavolta, invece, il Cavaliere tornerà proprio sul «luogo del delitto», a Palazzo Madama. Oggi, infatti, dovrebbe partecipare alle 16.30, salvo cambi di programma, alla presentazione del libro «Il sangue di Abele, vivi per testimoniare», di Zef Pllumi e a cura di Keda Kaceli. Volume la cui prefazione è stata scritta proprio da Berlusconi. Per il Cavaliere sarà anche la prima uscita ufficiale – fatta eccezione per le telefonate ai “club” – da diverse settimane a questa parte. Anticipata, ieri sera, da una cena con i big del partito nella quale si sarebbe anche parlato dell’ormai famoso organigramma. Che sarebbe imminente.