Si è tenuta a Ravello la prima mondiale dello spettacolo “What passion cannot music raise”, dove la celeberrima mezzosoprano Cecilia Bartoli ha incantato una platea entusiasta. In prima fila c’era anche Catherine Deneuve (che vediamo qui mentre passa i controlli della temperatura) ad applaudire i tesori della musica barocca che spaziavano da Handel a Porpora, da Hasse a Telemann passando per Vivaldi. Una Bartoli raggiante ed evento chiave per il Ravello Festival diretto da Alessio Vlad.
Ecco come ce lo racconta lei stessa, già tra i big a firmare la petizione “Lo spettacolo dal vivo deve ripartire”: “Questa sera è importantissima. Si riparte. E lo si fa in Italia a Ravello, uno dei posti più belli in assoluto nel mondo. Quindi ripartire in questo luogo, questo auditorium (Oscar Niemeyer) è bellissimo con questo programma con autori in buona parte italiani, o come Handel che partito giovanissimo, la grande fortuna l’ha fatta proprio venendo in Italia e ha scritto tante opere in italiano. Il barocco italiano che fa parte delle nostre tradizioni e origini. Porpora è un altro grandissimo compositore. Quindi ripartire da Ravello è stato molto importante, storico per tutti noi musicisti”. Ad accompagnarla Les Musiciens du Prince-Monaco diretti da Gianluca Capuano. Bartoli, cantante ma anche dirigente (dal 2012 a capo del Festival di Pentecoste a Salisburgo), è capace di vendere come ai bei tempi del disco, pur mantenendosi intatta agli occhi dei puristi. E alla fine si è concessa qualche virtuosismo uscendo dal barocco ed entrando nella magia di George Gershwin con Summertime.
“Innanzitutto è bello considerare che Summertime è arrivato da Steffani, compositore di fine Seicento e poi attraverso le variazioni, che era una cosa proprio tipica dell’epoca, di variare. È un po’ come il jazz, fatto con l’importanza dell’improvvisazione. Questo sta a significare che non ci sono barriere musicali. Si può improvvisare e da Steffani si può arrivare a Summertime e questo è anche un messaggio per i giovani di venire a teatro, di venire all’opera e ai concerti perchè c’è molta contemporaneità. Anche nella musica del Settecento”. Perché si può, anche in epoca di Covid? “Si può, si deve, soprattutto in epoca di Covid. In un momento così, dove c’è tanta tristezza, malinconia. Solitudine. Abbiamo vissuto momenti tremendi. Quindi la musica serve a questo. A condividere insieme. Piangere, ridere, insieme ecco! È un momento sacro e bisogna assolutamente continuare a fare musica”.