Cellule jihadiste nel cuore dell’Europa. O forse, un’unica grande rete in missione per conto del Califfo al Baghdadi. Da Parigi a Bruxelles, storie di bombe e di morte. Con gli stessi protagonisti: il basista Mohamed Belkaid, l’artificiere Najim Laachraoui, i kamikaze Khalid e Ibrahim al Bakraoui, l’ex primula rossa Salah Abdeslam, un numero imprecisato di complici e facilitatori. Alcuni hanno portato a termine il loro progetto omicida, facendosi saltare in aria. Altri sono stati catturati dopo settimane, o mesi, di latitanza. Altri ancora sono in fuga o, più semplicemente, nascosti lì dove hanno trascorso parte della loro vita, si sono radicalizzati, hanno sposato la causa dell’Isis. In Belgio. A Bruxelles, dove ieri almeno tre terroristi identificati come complici di Salah Abdeslam – il super-ricercato per la strage di Parigi, poi finito in carcere – hanno compiuto il secondo atto del loro folle progetto. Tra gli attentati del 13 novembre in Francia e quelli di ieri a Bruxelles c’è insomma un filo di congiunzione diretto. E’ questa una delle piste, la principale, che gli inquirenti stanno seguendo in queste ore. L’attacco in Belgio richiede un’organizzazione complessa, una disponibilità di risorse, strumenti e armi tale da necessitare una pianificazione a lunga scadenza.
E’ ragionevole che ciò sia accaduto ed è prevedibile che nell’organizzazione dell’attentato sia rimasto coinvolto anche Salah Abdeslam, prima del suo arresto. Il suo legale, Sven Mary, ha spiegato che il jihadista ha deciso di “collaborare” con le autorità del Belgio. Ma sta accadendo davvero? Se sì, ha raccontato della preparazione della strage a Bruxelles? A giudicare dall’identità degli attentatori, finora identificati, sembrerebbe di no. Secondo La Libre Belgique, “poiché attentati di questo tipo si preparano con molto anticipo, è praticamente certo che Salah fosse consapevole dei progetti degli altri terroristi. O non ha avvertito gli inquirenti”. E’ lui dunque il primo pezzo del puzzle. Che sia stato al corrente del progetto omicida a Bruxelles oppure no. Salah era in contatto con tutti gli altri attori coinvolti, compreso Mohamed Belkaid, algerino di 35 anni, ucciso la settimana scorsa in un blitz delle teste di cuoio nel quartiere brussellese di Forest. Le sue impronte digitali erano state rilevate sul telefono cellulare ritrovato in cestino davanti al Bataclan.
E a suo nome, pochi giorni dopo, era stato fatto un trasferimento di denaro di 750 euro il 17 novembre da parte di Hasna Ait Boulahcen, la cugina di Abdelhamid Abaaoud – considerato la mente della strage del 13 novembre – in un’agenzia di Bruxelles della Western Union. Secondo gli investigatori, prima di essere ucciso, Belkaid stava lavorando a un attentato in Belgio, con il contributo di un numero imprecisato di complici. Tra loro, i fratelli Khalid e Ibrahim al Bakraoui, che sono stati identificati come i due kamikaze entrati in azione ieri, all’aeroporto e alla metro di Bruxelles. Tracce della loro presenza sono state ritrovate negli stessi appartamenti che hanno assicurato la latitanza a Salah. Tra questi, il covo di Forest, dove è stato ucciso Belkaid e da dove è certamente passato l’altro super-ricercato in Belgio, l’artificiere di Parigi, Najim Laachraoui. “Più di una trentina di persone” sono state identificate al momento come legate agli attentati di Parigi del 13 novembre scorso, ha detto oggi il primo ministro francese Manuel Valls, “Undici sono decedute, dodici sono in carcere, altri sono ricercati”. Tra questi ultimi rimane ancora Mohamed Abrini, l’uomo ripreso dalle telecamere di sorveglianza di un distributore di carburante insieme a Salah poco prima della strage nella capitale francese.