Censis, in Italia acquedotti sempre più colobrodo

Le reti degli acquedotti italiani sempre più colabrodo: le perdite tra il 2008 e il 2012 “sono aumentate ulteriormente, passando dal 32,1% al 37,4%. In pratica, rispetto alla totalità dell’acqua che viene immessa in rete, più di un terzo sparisce, non viene consumata né fatturata, non arrivando all’utente finale”. Lo evidenzia il Censis nel 48/o rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese sottolineando che i dati della “gestione delle risorse idriche per uso civile rilanciano l’allarme su un settore che, mentre cerca di migliorare la propria efficienza gestionale, continua a operare in un contesto di pesante obsolescenza delle infrastrutture di base”.

Su questo fronte l’Italia è “una vera e propria anomalia tra i grandi Paesi europei” visto che le perdite “sono il 6,5% in Germania, il 15,5% in Inghilterra e Galles, il 20,9% in Francia”. Pesanti gli effetti economici e ambientali “obbligando le aziende a prelievi eccessivi alla fonte, contribuendo al depauperamento della risorsa”. Per recuperare il terreno perduto, rimettendo a posto reti colabrodo e realizzando reti fognarie e impianti di depurazione delle acque reflue adeguati, secondo il Censis “servono investimenti rilevanti. Anche da questo punto di vista il confronto con l’Europa più avanzata è preoccupante: in Italia si investe ogni anno l’equivalente di 30 euro ad abitante, in Germania 80, in Francia 90 e nel Regno Unito addirittura 100 euro”.

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