Politica

Centrodestra a Colle unito contro Conte. Ma è tensione su elezioni

La nota, rigorosamente congiunta come ormai da abitudine in questa crisi, ha un inciso solo apparentemente pleonastico: “a nome di tutto il centrodestra”. Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani salgono al Colle alle 17 per incontrare il presidente della Repubblica e dire la loro su una situazione che è ormai diventata “insostenibile”. Un’ora di colloquio, viene riferito, in cui Sergio Mattarella avrebbe ascoltato molto e parlato poco, in cui i tre esponenti dell’opposizione avrebbero rappresentato la realtà di un Parlamento che ormai, numeri alla mano, è destinato alla paralisi: “E lo vedremo già mercoledì in occasione della relazione di Bonafede”.

Al termine dell’incontro, il comunicato congiunto è di poche righe. Si sottolinea “la grande preoccupazione per la condizione dell’Italia” visto che “mentre emergenza sanitaria ed economica si abbattono su famiglie e imprese, il voto di martedì ha certificato l’inconsistenza della maggioranza”. “È convinzione del centrodestra che con questo Parlamento sia impossibile lavorare”, si legge ancora. Poi la conclusione in cui ci si affida alla “saggezza” del capo dello Stato. Nessun riferimento allo scenario che il centrodestra ritiene a questo punto auspicabile, nessun accenno all’alternativa al governo Conte messa sul piatto. Più esplicito, poco dopo, è Matteo Salvini: “Meglio investire due mesi di tempo dando la parola agli italiani per poi lavorare tranquilli per i prossimi cinque anni”. Il leader della Lega, a differenza di quanto aveva fatto appena pochi giorni fa, non parla più di un centrodestra “pronto” a fare la sua parte, l’unico percorso che traccia è quello che porta alle elezioni.

In realtà, dentro il Carroccio non è questa l’unica linea: notoriamente Giancarlo Giorgetti ritiene che il miglior sbocco nella situazione data sia un governo di unità nazionale. Un’idea che anche Salvini non scarta e che forse proverebbe anche a perseguire se non ci fosse il problema di non lasciare a Fratelli d’Italia, che da quello schema si è sempre chiamata fuori, praterie di voti. Davanti a Mattarella, viene riferito, l’ipotesi di un ritorno alle urne sarebbe stata sostenuta da tutti e tre i leader dell’opposizione. E, tuttavia, al Colle non c’erano i cosiddetti cespugli – Cambiamo, l’Udc e Noi con l’Italia – che su questo punto sono in disaccordo. Giovanni Toti glielo ha spiegato chiaramente. “Ho detto a Matteo che ritengo molto difficile votare”, “secondo me se Conte, come pare, non riuscirà a trovare i numeri necessari dovremo pensare ad altri tipi di governo, e penso che il centrodestra non possa sottrarsi alla responsabilità di dare un proprio contributo”.

C’è poi l’incognita Forza Italia. La linea tenuta ufficialmente da Antonio Tajani è in sintonia con quella degli altri alleati. Ma il partito è una polveriera pronta a esplodere: alle faide interne tra governisti e filo-leghisti si è aggiunto il miraggio di una legge proporzionale e l’ipotesi di una lista Conte. Quanto basta per rendere sempre più nervoso un partito ancora scosso dalle ‘defezioni’ di Renata Polverini e Maria Rosaria Rossi e oggetto di un pressing costante da parte degli esponenti di governo a caccia di responsabili. Silvio Berlusconi continua a rassicurare gli alleati sulla compattezza del suo movimento, ma Meloni e Salvini conoscono bene la sua capacità di giocare su più tavoli e si chiedono, quindi, a nome di chi Gianni Letta parli così spesso con palazzo Chigi. Si è poi aggiunta la grana Udc: con Lorenzo Cesa indagato e costretto alle dimissioni da segretario, gli alleati si chiedono se i suoi ora reggeranno. Un centrodestra unito, quindi, ma dalla diffidenza reciproca. askanews

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