Centrodestra compatto, per il Colle “decidiamo dopo le Feste”
Nuovo vertice è previsto intorno alla prima decade di gennaio
Il vertice di centrodestra si conclude con l’impegno a rimanere compatti, per ora sul nome di Silvio Berlusconi che “non si è candidato ma si è candidato”, come ironizza uno dei partecipanti. Nulla di più, perché tutto è stato rinviato all’inizio dell’anno, come confermato dallo stesso ex premier: “Abbiamo rimandato ogni decisione a dopo Natale, ai primi dell’anno”. Con una road map di avvicinamento all’elezione del nuovo capo dello Stato che per ora ha solo due appuntamenti: dopo Natale una riunione dei responsabili enti locali per coordinarsi sull’elezione dei delegati regionali. E un nuovo vertice dei leader intorno al 10-12 gennaio.
Per ora si è ragionato sulla mossa di Mario Draghi, con la disponibilità al “trasloco” al Quirinale “e anche con la indisponibilità – chiosano dal centrodestra – a rimanere se la maggioranza si spacca”. E si è rimasti sull’idea di far valere i numeri del centrodestra, garantendo compattezza “in tutti i passaggi”, fino alle prossime politiche come recita la nota della coalizione che si sente “maggioranza naturale del Paese”. Che poi la compattezza sarà sul nome dell’ex premier, è da vedere: uno dei partecipanti assicura che Berlusconi “nella testa ha veramente la convinzione di vincere. E mai scommettergli contro…”. A maggior ragione se la pandemia dovesse mostrare una recrudescenza: “Un motivo in più per mantenere la stabilità del quadro politico”. E tuttavia le difficoltà della partita sono evidenti. Tanto che da Fratelli d’Italia la mettono così: “La candidatura del centrodestra, qualunque essa sia, ci vedrà compatti”.
Nella Lega, soprattutto nell’ala più governativa, si ragiona invece sempre sulla possibilità di ritrovare un accordo complessivo che consenta di proseguire il lavoro del governo – e rinviare le elezioni – nonostante la salita di Draghi al Colle. Luca Zaia ospite in tv osserva: “Draghi al governo sta facendo un ottimo lavoro, per lo standing internazionale che sta dando al nostro Paese. Dopodiché se deciderà di candidarsi dovrà avere la garanzia di essere eletto al primo scrutinio, visto che la maggioranza che lo sostiene è in grado di eleggerlo e se così non fosse si rischierebbe un corto circuito”. Garanzie che si potrebbero avere – ribadisce un parlamentare leghista – nel caso in cui i leader trovassero un accordo sul governo che succederà a quello di Draghi: “Difficilmente basterà promuovere un ministro a fare il premier… Sarebbe meglio un nuovo governo, con ministri più autorevoli di alcuni che oggi si stanno rivelando non proprio all’altezza”.