Chiuso dalle 13,30 nella sua stanza in via Bellerio, sotto una pioggia incessante che rende spettrale l’atmosfera, Matteo Salvini scende solo dopo le 20. Guarda caso pochi minuti dopo che Giorgia Meloni ha incoronato Fratelli d’Italia primo partito della coalizione. Il segretario leghista ribatte che invece è il suo movimento ad essere “primo partito in quasi tutte le città al voto”. Ovviamente qualcuno dei due sbaglia, e si saprà solo quando lo spoglio sarà ultimato. Ma è il segno di come la tornata amministrativa in fondo si risolva, per i due aspiranti leader del centrodestra, nella competizione tra le loro liste. Perché con la coalizione desaparecida a Milano, Napoli e Bologna, e i ballottaggi tutti da conquistare a Roma e Torino, l’incubo di Salvini è vedere certificato il sorpasso sia da parte del Pd che di FdI.
Un colpo che sarebbe duro da assorbire, col partito agitato da dubbi sulla linea sovranista. Tanto più che mentre il segretario è asserragliato nella sua stanza con i fedelissimi e si sottrae alle domande dei giornalisti evitando la conferenza stampa, nel frattempo – a Roma – Giancarlo Giorgetti incontra l’astro nascente della Cdu, il governatore della Sassonia Michael Kretschmer: eccolo il bivio che si apre davanti alla Lega, dopo che il voto nelle principali città italiane si è risolto con una batosta per il centrodestra a trazione sovranista. Il segretario leghista insiste a vedere “il centrodestra unito fino alla vittoria nel 2023”, e si propone ancora in veste di leader invitando “gli amici Giorgia e Silvio” a decidere al più presto i candidati per le amministrative del prossimo anno.
Ma Giorgia Meloni parla invece di “centrodestra a trazione Fratelli d’Italia”, “primo partito della coalizione”. E in questa veste lancia la sfida a Enrico Letta: “Siamo disponibili a votare Draghi al Quirinale e poi subito al voto”. Insomma, agende diverse e tempi diversi, tra Meloni e Salvini. Con la leader di Fratelli d’Italia all’opposizione del governo che invece Salvini difende, “qui stiamo e qui restiamo”, chiedendo però “più incisività su taglio delle tasse, sicurezza e giustizia”. D’accordo, Meloni e Salvini, solo sull’astensionismo: “E’ un problema per la democrazia”, dice la leader di FdI; “è una sconfitta per tutti”, dice il segretario della Lega. Lì proveranno a recuperare in vista dei ballottaggi: “Abbiamo 15 giorni per spiegare la nostra idea di città anche a chi non è andato a votare”, è l’obiettivo di Salvini.
Che per spiegare la debacle tira in ballo i veti incrociati che hanno portato al ritardo nell’individuare i candidati: “Siamo partiti troppo tardi, ci serva di lezione. Il centrodestra vince se unito, ma deve essere unito davvero”. Forza Italia gioisce invece per la tenuta nelle percentuali e per la vittoria di Occhiuto in Calabria: “Paga il candidato politico”, rivendica Antonio Tajani. E anche Salvini, dopo aver insistito per i civici, ora apre ai candidati di partito in vista del prossimo giro. Resta invece aperto il confronto interno: il segretario giura che la Lega è “unita e compatta”, ma se i dati confermeranno il sorpasso di FdI e del Pd, l’ala “di governo” e “nordista” avrà altri argomenti per chiedere un riequilibrio interno ridando spazio ai territori storici della Lega.