I vari figlioli prodigi che cominciano a mettersi in coda per tornare alla casa del padre. La ritrovata centralità politica. E poi, da una parte il fermento al centro e dall’altra il cantiere perennemente in costruzione del centrodestra. Silvio Berlusconi si gode questa estate in cui sente di essere tornato a dare le carte sulla scena politica. Ma, come sempre nel suo stile, continua a tenersi aperte più possibilità cercando di capire quale sarà infine l’opzione che garantisce maggiormente i suoi interessi. Le manovre al centro sono in corso da tempo ma ad ufficializzare la riapertura del “corridoio” che riporta gli ex verso Forza Italia è stato il ministro degli Affari regionali Enrico Costa di Ap che ha annunciato di essere pronto a dimettersi dal governo proprio per per ricostruire un ponte con il partito del leader azzurro. Il quale, tuttavia, non ha alcuna premura di far cadere il governo Gentiloni e quindi si bea di questa gara a tornare a corte ma allo stesso tempo sembra raccomandare prudenza sui tempi. Dopo Costa, altri esponenti del partito di Alfano, ma anche della formazione di Denis Verdini, guardano infatti ad Arcore nella speranza di avere una chance di tornare nel prossimo Parlamento.[irp]
L’ex premier tuttavia resta ancora in attesa di capire se si possa o meno riaprire la partita della legge elettorale alla tedesca, che non lo costringerebbe – a differenza del Consultellum che prevede un premio alla lista che ottiene il 40% – a un grande aggregato che tenga tutti dentro. Berlusconi, d’altra parte, nell’intervista al ‘Mattino’ ha assicurato agli alleati di non aver in animo alcuna intesa post elettorale con Renzi, e tuttavia il cantiere del centrodestra resta sempre in fermento. Questa volta il casus belli sono indiscrezioni giornalistiche che raccontavano di un Berlusconi pronto da una parte a trovare altri interlocutori nel Pd (leggi Franceschini) per trattare sulla legge elettorale, e dall’altra a lanciare Roberto Maroni come candidato premier. Boatos che hanno provocato immediatamente la reazione stizzita del leader padano. “Se sarà la Lega ad indicare il candidato premier – taglia corto Salvini – sarò io perché sono assolutamente orgoglioso della mia squadra e delle mie idee”. Lo stesso leader azzurro è costretto poi a intervenire – attraverso una nota della sua segreteria – per smentire sia trattative non alla luce del sole sulla legge elettorale, sia di aver “lanciato” il governatore della Lombardia per palazzo Chigi. E’ vero, viene spiegato, c’è stata una cena ma non per fare strane trame. “Il presidente – viene sottolineato nel comunicato azzurro – ha ricevuto il governatore Maroni solo per discutere di temi riguardanti la Regione Lombardia, la più grande regione italiana guidata con successo dal centrodestra”.
Spiegazione che lo stesso Salvini sembra prendere per buona. “La cosa mi rincuora – è il suo commento alla precisazione – perché la Lombardia è la Regione più importante che va al voto il prossimo anno. Non ci sono stati discorsi politici di altro genere”. Se con Berlusconi, dunque, il segretario leghista pare voler chiudere “l’incidente”, nei confronti del leader di Ap, Angelino Alfano, è come sempre assolutamente tranchant. “La Lega – chiosa – non è a disposizione per fare da treno per quelli che cercano una poltrona fra qualche mese. Alfano non lo voglio vedere nemmeno dipinto su un muro perché è stato una calamità naturale per il Paese visto come ha gestito l’immigrazione”. I rapporti tra i due non sono mai stati idilliaci, ma questi non sono certo tempi facili per il ministro degli Esteri, che non solo vede pezzi di partito andare via ma non trova porte aperte né a destra né a sinistra. Tanto da sentenziare, in un’intervista: “La collaborazione con il Pd si è ormai conclusa. Sosteniamo lo stesso governo ma non facciamo parte della stessa coalizione. Diciamo che abbiamo un parente in comune, Gentiloni, ma tra noi e loro non c’è più alcun legame”.