Scossi da inchieste della magistratura e dei giornali, attraversati da competizioni interne e lotte intestine, i partiti di centrodestra provano ancora a dare un’immagine unitaria in vista delle amministrative. Matteo Salvini e Giorgia Meloni posano per i fotografi come due novelli sposi, Antonio Tajani invita a guardare alle divisioni del campo avverso, ma il risultato della tornata elettorale rischia di accelerare ulteriormente il “riassestamento” del quadro politico seguito all’arrivo di Mario Draghi a palazzo Chigi. Fino al passaggio che disegnerà i nuovi equilibri, ovvero l’elezione del Capo dello Stato a febbraio del prossimo anno. Come si arriverà a quella partita, dipende anche dal voto di oggi e domani, lunedì.
La posta in gioco è particolarmente alta per Matteo Salvini. La settimana prima del voto lo ha visto incassare un “uno-due” micidiale: prima l’intervista di Giancarlo Giorgetti che sconfessava diversi aspetti della linea salviniana, poi la vicenda che ha coinvolto uno degli artefici della sua ascesa e della svolta “nazionale” della Lega, il social media manager Luca Morisi. Se il candidato scelto da Salvini per Milano, il pediatra Luca Bernardo, dovesse fallire anche l’obiettivo minimo del ballottaggio, per il segretario leghista sarebbe un’ulteriore colpo. Ma soprattutto, peserà la competizione con Fratelli d’Italia – fallita per ora la federazione con Forza Italia per tenere dietro Meloni – e i risultati del Carroccio nel Sud, considerando i dubbi che iniziano ad attraversare il partito sull’impostazione “italiana” scelta da Salvini che continua a ritenerla “irriversibile”. Non a caso da settimane “carica” di significato il voto per la Regione Calabria.
Saldamente alla guida di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni non ha certo problemi di confronto interno al suo partito. Ma l’inchiesta giornalistica sui finanziamenti al partito milanese e sui legami con esponenti neofascisti, deflagra proprio a due giorni dal voto. Meloni prende tempo, chiede di poter vedere tutto il “girato” dell’inchiesta di Fanpage, oltre 100 ore di registrazioni, prima di prendere decisioni sull’eurodeputato Carlo Fidanza. Intanto anche la procura di Milano apre un fascicolo: i reati ipotizzati sono finanziamento illecito ai partiti e riciclaggio. Al di là dell’affaire Fidanza, per Meloni la battaglia è principalmente nella conta rispetto alla Lega di Salvini, e – sempre in una logica di “competition” tra alleati – il risultato del “suo” candidato Enrico Michetti nella “sua” città. Anche i rapporti di forza tra i partiti della coalizione conteranno infatti nel confronto interno su come gestire la partita del Quirinale e dunque su come immaginare il centrodestra del futuro.
Partita che Giorgetti ha fatto sapere che, fosse possibile, farebbe gestire mica a Salvini ma a Umberto Bossi: omaggio al fondatore, certo, ma anche dubbi seminati sulle capacità tattiche e strategiche dell’attuale segretario e una nota di nostalgia per quando la Lega era “Nord”. Soprattutto, l’idea di un partito che non si arrocca sulla destra sovranista in competizione con FdI, ma guarda al Ppe per un conservatorismo più “spendibile”. Forza Italia attende l’esito di questo scontro. Provando a resistere nelle percentuali elettorali, e provando a resistere agli assalti di Salvini, che – piccato per il “no” alla sua proposta di federazione – appena può porta via esponenti locali all’alleato, come la settimana scorsa in Regione Lombardia. Silvio Berlusconi, nonostante l’età e la salute, ancora si spende per il partito: telefonate, collegamenti e interviste. E dalla panchina si “diverte” a marcare la differenza con gli aspiranti alla sua successione: “Salvini o Meloni premier? Ma scherziamo?”, dice in un’intervista, poi smentita.