C’erano gli “impresentabili”. Nel partito della Nazione tutti gli ex nemici

di Antonio Angeli

“Il primo a non essere interessato a essere candidato nel Pd è Alfano. Nel 2018 vediamo cosa succederà, fino ad allora lavoriamo a quello che serve ai cittadini”, parola di Maria Elena Boschi . La domanda, ieri, al ministro delle Riforme l’ha fatta Maria Latella durante il suo programma “L’intervista”, su Sky Tg24, dando voce al “tormentone” di questi giorni: che fine farà l’Ncd? Ma, visto che con l’Italicum non si scherza e che alle prossime elezioni parecchi rimarranno con la scopa in mano, ma nessuno, naturalmente, lo desidera, ci si può anche chiedere: cosa accadrà, piuttosto, al Pd. E sarebbe lecito domandarsi, invece di chi vuole andare nel Pd, chi non lo desidera. Sì, perché è vero che il 2018 è lontano, ma è anche vero che comunque le elezioni politiche arriveranno e forse anche un po’ prima di quella data. Appare allora evidente che diversi personaggi che ieri erano nemici, oggi sono alleati e, forse, un domani, potrebbero diventare compagni di partito. Perché c’è chi esce dalla porta di sinistra del Pd (come Fassina), e c’è naturalmente chi entra da quella di destra, come Beatrice Lorenzin accreditata ormai come renziana di ferro, segno che il muro, alla fine, è cascato anche in Italia.

E se più di una persona, nel partito (Ncd) ironizza affermando: “Ma figuriamoci se Renzi si carica nel partito (il Pd) il fu delfino di Berlusconi” è anche vero che dei voti dei fu berlusconiani il governissimo non sembra poter fare a meno, tanto che un nutrito gruppo di fedelissimi di Verdini è già pronto ad aderire al Misto per costituire la componente Ala (Alleanza liberalpopolare per le autonomie) anche alla Camera. I fedelissimi di Denis pronti al cambio di casacca sarebbero sei o sette, tra questi, i cosiddetti irriducibili: Luca D’Alessandro, Ignazio Abrignani, Giovanni Mottolae i toscani Massimo Parisi e Monica Faenzi . Con Verdini anche Giuseppe Galati e Saverio Romano. Sul fronte di Palazzo Madama potrebbero aderire al gruppo di senatori verdiniani, oltre Giuseppe Ruvolo, altri 2-3 parlamentari. Tutte “forze esterne”, pronte ad accorrere in aiuto a Renzi assediato dai tormenti dell’ala sinistra del partito. C’è da chiedersi cosa potrebbero fare, in un troppo lontano futuro, i componenti di questa forza oggi così marcatamente filogovernativa. Potrebbero mai seguire le orme della pattuglia Ncd? Gli “apripista” verso il Pd, oltre a Beatrice Lorenzin, potrebbero essere l’attuale ministro dell’AmbienteGian Luca Galletti , ma anche altri, come Dorina Bianchi e Sergio Pizzolante . Sulla base di programmi condivisi potrebbero essere tentati anche Fabrizio Cicchitto e, perché no, Maurizio Sacconi.

C’è da chiedersi cosa si pensa di questo dall’altra parte, cioè nel Pd. Immaginare Angelino Alfano e Massimo d’Alema nello stesso partito è duro da digerire anche con un robusto centerbe, ma forse è questo il “minestrone” che indica Matteo Renzi quando parla di “partito della Nazione”. Una tale apertura verso destra potrebbe, un domani, costare parecchi voti al Pd, ma questa, al momento, è fantapolitica mentre invece i numeri per fare marciare le riforme servono subito subito. “Prima del 15 di ottobre” dobbiamo portare a termine le riforme “perché inizia la sessione di bilancio, ma tutti i dati di economia dicono che l’Italia cresce grazie alle riforme”, ha dichiarato ieri il ministro Boschi. Una tempistica ribadita dallo stesso Renzi al termine della serata tricolore a Flushing Meadows: “No, nella maniera più assoluta no”, ha risposto il premier a chi gli chiedeva se ritenesse possibile rinviare l’approvazione delle riforme a dopo la sessione di bilancio. Un’ipotesi, quella di un “periodo di riflessione” parlamentare sulle riforme, che era cominciata a circolare l’altro giorno, quando Giorgio Tonini , vicepresidente del gruppo Pd al Senato aveva aperto ufficialmente alla proposta dell’esponente della minoranza Dem, Vannino Chiti , per un “intervento chirurgico” sull’articolo due.

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