Crisi ceto medio e sindrome del galleggiamento
Giovani e lavoro: segnali positivi ma insufficienti. Il rischio dell’immobilismo
Il 58° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese nel 2024 evidenzia un quadro complesso dell’Italia, caratterizzato da contraddizioni profonde che minano le basi del sistema Paese. Da un lato, il 2024 si presenta come un anno di record positivi e negativi, dall’altro emerge una condizione di stagnazione sociale ed economica che colpisce in particolare il ceto medio.
Un Paese sospeso: la “sindrome del galleggiamento”
Secondo il rapporto, l’Italia vive una condizione definita come “sindrome del galleggiamento”: un equilibrio precario, senza crolli rovinosi nelle fasi recessive, ma anche senza progressi significativi nei momenti favorevoli. Questo immobilismo ha portato a un progressivo appannamento della spinta propulsiva verso il miglioramento del benessere.
Negli ultimi vent’anni, il reddito disponibile lordo pro capite si è ridotto in termini reali del 7%, mentre nell’ultimo decennio la ricchezza netta pro capite è diminuita del 5,5%. Il ceto medio, un tempo pilastro della stabilità economica e sociale, è oggi “sfibrato” e sempre più in difficoltà nel mantenere il proprio standard di vita. Non sorprende, quindi, che l’85,5% degli italiani consideri ormai molto difficile migliorare la propria posizione nella scala sociale.
Un ceto medio sotto pressione
La fragilità del ceto medio si riflette anche nell’erosione della fiducia verso le istituzioni e i valori tradizionali. Il 66% degli italiani attribuisce all’Occidente la responsabilità dei conflitti globali, e solo il 31% sostiene l’aumento delle spese militari richiesto dalla NATO. Parallelamente, crescono tensioni interne legate a identità sessuali, etniche e culturali, alimentando divisioni sociali.
Sanità: un sistema in crisi
La crisi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è un altro tema centrale del rapporto. La spesa sanitaria privata pro capite è aumentata del 23% dal 2013, contro un incremento del 7,6% di quella pubblica. Questa disparità si traduce in un crescente ricorso alla sanità privata, che interessa il 37,1% delle persone con redditi medio-alti e il 32% di quelle con redditi bassi. Per finanziare tali spese, il 36,9% degli italiani ha dovuto tagliare altre voci del bilancio familiare, una quota che sale al 50,4% tra le fasce più deboli.
Il 63,4% degli italiani esprime sfiducia nel SSN, temendo di non ricevere cure adeguate, mentre solo il 27,9% dichiara di sentirsi al sicuro. Parallelamente, il 44,5% ha sperimentato sovraffollamento nelle strutture sanitarie, e lunghe liste di attesa continuano a spingere molti verso soluzioni a pagamento.
Giovani e lavoro: segnali positivi ma insufficienti
Nonostante il quadro complessivo di stagnazione, alcuni dati incoraggianti provengono dal mercato del lavoro giovanile. Il numero degli occupati tra i 15 e i 29 anni è aumentato di 206.000 unità rispetto al 2019, raggiungendo i 3 milioni. Il tasso di disoccupazione giovanile, in calo costante, è passato dal 22,3% del 2019 al 15,4% del 2024. Inoltre, il numero dei Neet (giovani non occupati né inseriti in percorsi di istruzione o formazione) si è ridotto del 28,3% nello stesso periodo.
Tuttavia, il futuro previdenziale resta incerto: il 75,7% degli italiani teme di non poter contare su una pensione adeguata, una convinzione condivisa dall’89,8% dei giovani.
Il rischio dell’immobilismo
Il Rapporto Censis conclude che l’Italia deve prendere dei rischi per uscire dalla condizione di stallo che la caratterizza, ma sottolinea come, al momento, la società sembri poco propensa a farlo. Il rischio è che la “sindrome del galleggiamento” si traduca in un immobilismo strutturale, incapace di affrontare le sfide del futuro e di garantire il benessere delle generazioni a venire.