Le affermazioni di successo da parte di Cgil (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) e Uil (Unione Italiana del Lavoro) riguardo alla partecipazione dei lavoratori allo sciopero di ieri, 29 novembre, pongono interrogativi significativi sulla loro reale rappresentatività nel panorama sindacale italiano. Secondo le due confederazioni, sono scese in 43 piazze d’Italia 500mila persone. Dando per buona questa cifra, è quasi impossibile pensare che erano tutti lavoratori in quanto hanno partecipato alla protesta anche pensionati, studenti, precari, disoccupati, politici e via dicendo. Tuttavia, qualora la cifra di 500mila fosse esatta e tutti sarebbero lavoratori, parliamo del 2,5% coinvolti in un contesto di 24 milioni di lavoratori. Non certo un successo.
Cgil e Uil hanno affermato che oltre il 70% dei lavoratori ha partecipato alla protesta contro le politiche economiche del governo Meloni. Tuttavia, le stime fornite da altri sindacati e osservatori esterni suggeriscono una partecipazione significativamente inferiore. Questo scollamento tra le affermazioni sindacali e la realtà misurata solleva dubbi sulla capacità di Cgil e Uil di rappresentare adeguatamente gli interessi della massa lavorativa. La diminuzione della membership sindacale, con un calo costante dal 2013, ha portato a una situazione in cui la percentuale di pensionati tra i membri è in aumento, mentre il numero di lavoratori attivi continua a diminuire.
Questo cambiamento demografico all’interno dei sindacati potrebbe influenzare la loro efficacia e la loro percezione tra i lavoratori più giovani, che potrebbero non vedere più lo sciopero come uno strumento efficace per esprimere il proprio dissenso. La questione della rappresentatività non è solo una questione numerica; riguarda anche la capacità dei sindacati di adattarsi ai cambiamenti socio-economici e culturali del paese. Solo affrontando queste sfide con trasparenza e innovazione, Cgil e Uil potranno sperare di riaffermare il loro ruolo come veri portavoce dei lavoratori italiani.
In aggiunta alle preoccupazioni sulla rappresentatività, ci sono critiche interne al modo in cui i sindacati gestiscono le loro strategie di mobilitazione. Molti lavoratori esprimono scetticismo riguardo all’efficacia degli scioperi, considerandoli un metodo obsoleto per affrontare le problematiche attuali come i salari stagnanti e la crescente precarietà lavorativa. La percezione che gli scioperi non portino a risultati tangibili ha portato a una disaffezione crescente verso le organizzazioni sindacali. Le nuove generazioni tendono a cercare forme alternative di attivismo e protesta, come campagne sui social media o movimenti di base, piuttosto che aderire a forme tradizionali come gli scioperi.