Sono una famiglia nota in tutto il mondo per la loro attività di armatori, ma Vincenzo Onorato, presidente del gruppo omonimo e il figlio Alessandro, consigliere delegato al commerciale del gruppo, condividono altro, oltre alla azienda di famiglia. Ed è la passione per la letteratura, che li ha portati a cimentarsi per la prima volta insieme in un’opera teatrale: il primo marzo, infatti, debutta a Milano al teatro Filodrammatici Charity Party, una black comedy che vede impegnati nel ruolo di autore il padre e di regista il figlio. “Con Alessandro abbiamo in comune la passione per la letteratura, e siccome adora il teatro io ho voluto scrivere una cosa per lui da lavorare inseme, è un bel momento per tutti e due”.
Vincenzo Onorato, che si è già misurato con dei romanzi di successo, è alla sua prima volta a teatro, a differenza del figlio Alessandro, che nonostante l’esperienza accumulata nel tempo con il sipario, non ha nascosto la difficoltà di questa impresa. “E’ chiaro che quando si tratta di mettere le mani su un testo scritto da tuo padre il rispetto deve essere doppio, perché uno vuole dare una impronta ma mantenere anche lo spirito originale con cui è stata scritta”.
Quello che emerge dal testo è un affresco a tinte fosche dell’Italia di oggi: una festa per i rifugiati costruita ad hoc nell’interesse di tutti a esclusione dei rifugiati stessi. Protagonista indiscussa è Francesca Maiani della Quercia, ex entreneuse ora marchesa, che organizza la festa per un’operazione d’immagine, aiutata da amiche con chiari interessi economici. “L’ispirazione della commedia nasce da un fatto molto concreto, il costo di molti charity party se si vede supera di gran lunga il ritorno economico di queste iniziative. Allora uno si domanda: non sarebbe stato meglio prendere questi soldi e regalarli a chi dovevano essere regalati?”. Da questa domanda, quasi retorica, si sviluppa tutta la commedia nella quale l’ironia mette a nudo i protagonisti di una decotta ex-società di Stato: “Ci sono due momenti nell’opera: il momento pubblico nella sala dove aleggia l’ipocrisia dove tutti seguono un codice di comportamento sociale che ha le sue regole, quelle del politically correct, poi invece nel cesso esce fuori la vera natura e non a caso esce nel cesso”.
Per il regista il valore aggiunto della commedia, che andrà in replica anche il 2 e il 3 marzo a Milano, è dato proprio dal punto di osservazione dell’autore, un imprenditore prestato al teatro: “A scrivere un’opera teatrale sono in tanti ma questa non è un’opera di un drammaturgo, ma di un imprenditore che fa vedere le cose come solo un imprenditore può fare, vengono quindi esplicitate delle dinamiche politiche e sociali come solo un imprenditore può fare”. E l’imprenditore in questo caso ha voluto trattare con feroce ironia temi attuali come quello dell’immigrazione e dell’ipocrisia della società contemporanea: “Ritengo che c’è uno step peggiore del populismo è quello dell’ipocrisia borghese, del politically correct ed è quello che ho cercato di raccontare con questa commedia”. E chissà che qualcuno seduto in sala ad assistere alla commedia non si ritrovi in uno dei tanti personaggi che Onorato padre e figlio hanno voluto portare in scena.