Il gigantesco commercio con l’estero della Cina perde colpi e sul finale del 2018 ha addirittura subito una contrazione, con un meno 4,4 per cento delle esportazioni che rappresenta il calo più forte da due anni a questa parte. I dati diffusi oggi dalle dogane cinesi hanno immediatamente riacceso i timori di rallentamento della crescita globale: il 2018 si chiude con un avanzo degli scambi diminuito del 16,2 per cento, a 351,76 miliardi di dollari, che riflette un più 9,9 per cento delle esportazioni a fronte del più 15,8 per cento delle importazioni.
Ma appunto a dicembre la situazione si è ulteriormente aggravata, con l’export calato del 4,4 per cento e l’import diminuito del 7,6 per cento. Anche per le importazioni si tratta delle flessione più forte deal 2016. La tendenza alla moderazione ha trovato conferme nei dell’area euro. Sia sulla bilancia dei pagamenti, con il surplus del terzo trimestre che ha segnato un netto calo a 38,7 miliardi di euro.
E ancor più nella produzione dell’industria, che a dicembre ha accusato una contrazione dell’1,7 per cento rispetto al mese precedente e del 3,3 per cento su base annua. E secondo Julian Evans-Pritchard, analista di capital Economics con una crescita globale che resterà sottotono quest’anno gli scambi cinesi resteranno deboli anche in caso di accordo nella disputa sui dazi con gli Stati Uniti.
La guerra sui dazi è un elemento rilevante nella lettura degli ultimi dati, anche se secondo gli economisti l’indebolimento è stato determinato più dalla frenata globale dell’economia che dalle misure che hanno messo nel mirino il commercio. Washington e Pechino hanno appena tenuto una nuova tornata negoziale, al termine della quale hanno parlato di progressi verso un accordo sulla cui concretezza sono stati però espressi dubbi da alcuni osservatori. Il tutto nell’ambito di una tregua di tre mesi prima che scatti una nuova bordata di rappresaglie e contromisure che potrebbe esacerbare il quadro. Su questo versante il 2018 si è chiuso con un nuovo massimo storico dell’avanzo commerciale cinese con gli Usa. A dispetto dei dazi l’export cinese verso gli Usa è aumentato dell’11,3 per cento, laddove le importazioni sono rimaste quasi invariate al più 0,7 per cento e l’avanzo è balzato a 323,3 miliardi di dollari, da 275,8 miliardi del 2017.
L’impatto dei dazi però inizia a farsi sentire. Ad esempio l’import cinese di soia statunitense è calato di quasi l’8 per cento sull’insieme dello scorso anno. Ora sono attesi i dati sul Pil che potrebbero decretare un rallentamento della crescita al 6,5 per cento sull’insieme del 2018, dal 6,9 per cento del 2017. Nelle ultime settimane sono circolate ipotesi di una frenata anche sotto il 6 per cento durante il 2019. Dinamiche che potrebbero preludere a interventi espansivi della politica monetaria. Ma secondo Evans-Pritchard questo soccorso “è improbabile prima della seconda metà dell’anno, mentre la crescita delle importazioni dovrebbe restare sottotono”. A testimoniare la debolezza della domanda cinese anche il rallentamento dei prezzi alla produzione nell’industria e dell’inflazione generale. Mentre le indagini sull’attività delle imprese hanno segnalato su dicembre il primo calo del manifatturiero da 6 anni a questa parte. La Borsa di Shanghai ha chiuso la seduta al meno 0,71 per cento, Hong Kong al meno 1,38 per cento.