Dopo avere inviato enormi carichi di equipaggiamenti sanitari a numerosi Paesi del mondo nei primi mesi della pandemia di coronavirus, la Cina sta adesso utilizzando i suoi vaccini per allargare il proprio giro d’affari e stringere accordi con potenziali alleati: una vera e propria ‘offensiva diplomatica’, al momento sottovalutata da Stati Uniti e Unione europea. Così, mentre gli Stati più ricchi stanno facendo a gara per accaparrarsi le dosi dei produttori occidentali, i Paesi a reddito medio-basso – dal Brasile alla Nigeria, dall’Algeria all’Egitto, dal Messico all’Ungheria (gli ultimi ad aderire) – stanno guardando verso Pechino (e Mosca) per ottenere le dosi necessarie alla loro campagna di vaccinazione. La Cina, d’altra parte, è stata uno dei primi paesi ad assicurare una grande spinta diplomatica sui vaccini, promettendo di aiutare i paesi in via di sviluppo già lo scorso anno, ancora prima di impegnarsi nella produzione di massa di un prodotto efficace contro la pandemia. Al momento, Pechino sta fornendo vaccini ad almeno 13 Paesi. Ma l’obiettivo dichiarato è di aiutarne altri 38.
Così, ora, i vaccini cinesi stanno trovando acquirenti soprattutto in America Latina e in Medio Oriente. La Sinopharm, ad esempio, ha distribuito il suo vaccino negli Emirati Arabi Uniti, ma anche nei Balcani. Appena ieri la Serbia ha ricevuto una spedizione di mezzo milione di dosi del suo vaccino. La Sinovac ha invece ricevuto ordini per il suo prodotto Coronavac da Turchia e Brasile. E sempre più sul mercato è finito anche il vaccino CanSino, in fase di sperimentazione in diversi Paesi, tra cui Pakistan. Il Messico, proprio oggi, ne ha autorizzato l’uso di emergenza, mentre di questa settimana è anche l’annuncio della donazione di 300.000 dosi di vaccino cinese all’Egitto. Pechino ha inoltre inviato 100.000 dosi di vaccino alla Guinea Equatoriale. Il carico è arrivato ieri – ha confermato il governo locale – e sarà sufficiente a vaccinare circa 50.000 perrsone, ovvero il 4% della popolazione del Paese. L’Indonesia ha già acquistato oltre 125 milioni di dosi di siero realizzato da Sinovac, il Brasile se n’è assicurato circa un milione. E anche Turchia, Filippine, Hong Kong, Thailandia, Argentina, Marocco, Arabia Saudita, Perù e Senegal, hanno ricevuto dosi da Pechino.
L’intero sforzo delle aziende produttrici cinesi è sostenuto con veemenza dall’intero apparato statale, tramite i canali di cooperazione della Belt and Road Initiative. Tramite le forniture dei suoi prodotti, Pechino sta provando a spianare la strada a possibili nuovi accordi di cooperazione, in particolare nei settori dell’energia e della tecnologia. Inoltre, al di là dei naturali ritorni economici, le autorità cinesi stanno anche perseguendo non meno importanti obiettivi di politica estera, cercando di ottenere la compiacenza di vecchi e nuovi amici in caso di controversie internazionali, come quelle territoriali. Non ultimo, la Cina sta provando anche a contrastare le accuse, sempre respinte al mittente, di essere alla fonte della pandemia di Covid-19. A favorire la campagna cinese, ha ricordato pochi giorni fa il Financial Times, ci sono anche gli stenti dell’iniziativa Covax dell’Organizzazione mondiale della Sanità, che ha appena iniziato la distribuzione ai Paesi più poveri. Mentre, la ‘diplomazia del vaccino’ cinese non sembra temere, almeno al momento, neppure i timori persistenti sulla scarsa trasparenza riguardo all’efficacia dei loro prodotti. “Quello che sappiamo con relativa certezza è che non uccidono nessuno”, ha commentato Francois Heisbourg, dell’International Institute for Strategic Studies, citato dal quotidiano finanziario.
Certo, non manca qualche battuta d’arresto. Taiwan, sul cui territorio Pechino rivendica la totale supremazia, ha vietato le importazioni cinesi. E anche l’India, che è un grande centro di produzione farmaceutica, ha cercato di contrastare gli sforzi compiuti dalla Cina, inviando dosi di vaccino di Oxford/AstraZeneca a titolo gratuito ad alcuni dei suoi Paesi vicini. E’ il caso del Nepal, finito sempre più sotto la sfera d’influenza di Pechino, e dello Sri Lanka, al centro di un ‘contenzioso’ tra Nuova Delhi e la Repubblica popolare, entrambe impegnate nella fornitura a questo Paese. Il vaccino cinese prodotto da Sinopharm è distribuito anche dagli Emirati Arabi Uniti, che l’hanno acquistato per donarlo a Paesi in cui hanno interessi strategici o commerciali. Così, 500.000 dosi sono finite alle Seychelles, ricorda oggi il New York Times. Quelle che invece sono finite in Egitto, sono state solo parzialmente utilizzate. Alcuni medici locali si sono rifiutati di somministrarli, non fidandosi dei dati forniti dagli Emirati Arabi e dal produttore cinese durante la fase di sperimentazione. Il governo della Malaysia, uno dei maggiori partner commerciali degli Emirati, da parte sua ha rifiutato un’offerta di 500.000 dosi, affermando che le autorità di regolamentazione dovrebbero prima approvare in modo indipendente il vaccino Sinopharm. La Malaysia ha acquistato invece i vaccini di Pfizer e AstraZeneca. E ha stipulato un accordo con l’altra casa farmaceutica cinese, la Sinovac. askanews