Sei anni letali, così crollò l’impero di Silvio

Sei anni letali, così crollò l’impero di Silvio
2 febbraio 2015

di Carlalntonio Solimene

Dopo le Politiche del 2008 Silvio Berlusconi aveva in mano il Paese. Oltre 13,5 milioni di elettori avevano consegnato la maggioranza di governo al suo Popolo della Libertà, felice intuizione per rispondere alla “vocazione maggioritaria” del Pd veltroniano. A quasi sette anni il quadro si è rovesciato. Di più: si è sfasciato in mille pezzi. Colpa di congiunture sfavorevoli, certo, come la crisi economica. E di controversi fattori esterni, come il culmine della tempesta giudiziaria sull’ex premier e le pressioni delle cancellerie europee per detronizzarlo. Ma anche di errori da matita blu. L’ultimo dei quali, l’abbraccio mortale con Renzi nel Patto del Nareno, ha dato il colpo di grazia a un’area politica della quale oggi restano solo le macerie.

2010: IL CASO RUBY E IL TRADIMENTO DI FINI

L’inizio della fine è probabilmente da datarsi nel 2010. Le prime avvisaglie della tenaglia mediatico-giudiziaria che si stava stringendo intorno a Berlusconi risalivano in realtà all’anno prima, con la vicenda legata a Noemi Letizia e la rottura con Veronica Lario, ma fu con il caso Ruby che la reputazione del Cavaliere, anche a livello internazionale, conobbe il punto più basso. Quella vicenda – dalla quale, va ricordato, Berlusconi è uscito assolto in secondo grado – in parte determinò la seconda: il tradimento di Gianfranco Fini che, persuaso del declino dell’alleato, decise di mandare in crisi il governo. Quello strappo – secondo diverse testimonianze concordato con l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – fallì. Ma l’esecutivo ne uscì ugualmente indebolito. Intanto la crisi economica incominciò a fendere i primi colpi anche in Italia.

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 2011: IL COMPLOTTO DELLO SPREAD

Su quanto avvenne l’anno successivo, con la crisi del governo Berlusconi determinata dall’impennata dello spread, c’è ancora tanta letteratura da scrivere. Ciò che è certo, grazie alle testimonianze dei protagonisti in libre e interviste, è che tante cancellerie europee si mossero più o meno lecitamente per disarcionare il premier italiano e che il presidente della Repubblica cominciò a sondare Mario Monti per Palazzo Chigi mesi prima della crisi di governo. Se un errore commise Berlusconi all’epoca – con tutte le attenuanti del caso – fu quello di avallare l’operazione Monti, sostenendo provvedimenti impopolari e che a distanza di anni si sono rivelati improduttivi.

 2012: IL NO ALLE PRIMARIE E LA SCISSIONE A DESTRA

Dopo aver ceduto il governo a Monti Berlusconi sceglie di restare dietro le quinte. La gestione del partito è nelle mani di Angelino Alfano e si registra il primo drastico calo di consensi. Lo stesso Alfano individua nelle primarie per la leadership lo strumento per rilanciare il Pdl. Viene anche ufficializzata una data, ma a pochi giorni dalla consultazione Berlusconi fa saltare tutto. È uno dei motivi per i quali una parte del vecchio Pdl, prevalentemente ex An, decide di dire addio alla casa madre. Giorgia Meloni e Ignazio La Russa fondano Fratelli d’Italia, anche se lasciano aperto uno spiraglio per alleanze future e il divorzio non è traumatico.

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2013: CONDANNA MEDIASET E STRAPPO DI ALFANO

L’anno si apre con la sconfitta elettorale. Uno stop che, però, vale una vittoria. Berlusconi riesce a recuperare tutto il margine di svantaggio dalla sinistra impedendo che Bersani abbia la maggioranza di governo. Ma quanto sia illusoria la rimonta lo dimostrano le cifre: rispetto a 5 anni prima il Pdl ha perso oltre 6 milioni di voti. In estate l’ennesima batosta: la condanna nel processo Mediaset. Berlusconi chiede alla sua maggioranza di lasciare il governo ma Alfano e altri tre ministri si rifiutano. Sarà il prologo dello strappo: quando a novembre Berlusconi resuscita Forza Italia, l’ex delfino dà vita al Nuovo Centrodestra. È la terza scissione dopo quella di Fini e quella della Meloni. Ma è quella più pesante in termini numerici e affettivi.

 2014: L’ABBRACCIO MORTALE CON RENZI

Con il leader messo fuorigioco dalla condanna, Forza Italia continua a rimediare sconfitte elettorali. Una zattera di salvataggio è offerta a sorpresa dal neosegretario del Pd Matteo Renzi, il primo realmente post-comunista. Il “Patto del Nazareno” siglato nel gennaio 2014 sembra rimettere Berlusconi al centro della scena, nonostante la condanna ai servizi sociali che lo blocca a Milano per gran parte della settimana. Sarà in realtà il colpo di grazia all’impero di Silvio. I consensi continuano a fuggire (alle Europee Forza Italia si ferma a 4,6 milioni di voti) con destinazione la rampante Lega di Salvini e l’astensione. La fedeltà al «Patto» mostra tutti i suoi nefasti effetti nella partita del Quirinale. Berlusconi si vede imposto un Capo dello Stato non gradito e metà del suo gruppo parlamentare, nel segreto dell’urna, lo tradisce. Il resto è storia d’oggi: possibili altre scissioni in vista e un “cul de sac” dal quale non si intravedono vie d’uscita.

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