Il movimento Cinquestelle è ormai a un bivio che definirlo ‘pericoloso’ è solo un eufemismo. Le ubriacature per i risultati elettorali ottenuti, tranne le ultime europee, o quelle che potrebbero arrivare alle prossime amministrative del 5 giugno sicuramente fanno da collante nel Movimento ma, a lungo andare, bisogna anche diventare ‘adulti’ nel gestire il consenso e quindi avere il coraggio di assumersi le responsabilità di governare e non indossare soltanto i panni da provocatori-oppositori per essere depositari delle proteste dei cittadini. Chi è stato eletto sindaco col simbolo pentastellato e deve gestire di fatto i Comuni può rischiare di commettere qualche errore o abuso gestionale (volontario o involontario) che può determinare un avviso di garanzia, ma questo non dovrebbe significare il ‘licenziamento’ in tronco da parte del capo, Grillo & C. E gli ultimi episodi – Livorno e Parma – confermano questo stato di cose. Quindi il bivio ormai è alle porte: diventare movimento politico ‘vero’, con proprie strutture organizzative, o rimanere ad eseguire le strategie comunicative animate dalla verve estemporanea di Beppe Grillo. Ma se questo poteva andare bene sino alle scorse elezioni politiche adesso dentro il movimento Cinquestelle si dovrà decidere cosa fare effettivamente. Ad iniziare anche da Luigi Di Maio che, se sarà lui ad essere il candidato alla presidenza del Consiglio e i Cinquestelle dovessero vincere le elezioni, che ruolo svolgerà? Sarà lui, col suo governo forse anche in coalizione con altri, a dover gestire lo Stato italiano o dovrà continuare a ‘recitare’ l’oramai trito e ritrito copione. Sarebbe tempo che Casaleggio jr. e Grillo si prendano le proprie responsabilità e si candidino loro direttamente alla guida del Paese e non continuino a lavorare dietro le quinte mandando avanti persone che poi possono essere scaricate a secondo la convenienza del momento. Così è troppo comodo. Ma sino a quando potrà durare questa ambiguità? Chi vivrà vedrà. MRD