Clan Rinzivillo, arrestati anche 2 carabinieri e un avvocato. Preso il boss, estorsioni al “Cafè Veneto”
Coinvolte famiglie mafiose Sicilia, Lazio, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna: 37 misure cautelari
Ci sono anche due carabinieri ed un avvocato tra le persone arrestate (35 in carcere e 2 ai domiciliari) con le operazioni “Druso” e “Extra Fines”, svolte da polizia, carabinieri e guardia di finanza nei confronti di affiliati al clan di Cosa Nostra dei Rinzivillo, della famiglia mafiosa di Gela, in Sicilia, Lazio, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. Ma c’è anche il CAR (Centro Agroalimentare Roma) nel mirino del clan Rinzivillo. Nella parte romana dell’indagine, il gip del Tribunale capitolino, su richiesta della Dda, ha disposto l`arresto di 10 persone tra cui il boss di Gela Salvatore Rinzivillo, che viveva da tempo a Roma, per intestazione fittizia di società al fine di eludere la normativa antimafia in materia di misure di prevenzione patrimoniali, traffici di droga sull`asse Germania-Italia, destinati a rifornire il mercato della Capitale, e un’estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Le indagini, svolte con intercettazioni telefoniche, ambientali e complessi accertamenti economico-patrimoniali, hanno documentato tutte le fasi dell`estorsione nei confronti della famiglia Berti, titolare del rinomato “Cafè Veneto” nella centralissima Via Veneto a Roma. Finanza e carabinieri hanno accertato che il boss Rinzivillo aveva posto essere “chiare minacce” per condizionare la gestione di forniture nell`ambito del mercato ortofrutticolo di Roma. E qui entrano in gioco i due carabinieri perché il boss, insieme al sodale Santo Valenti, ha usato i rapporti instaurati con i due militari (M.L. e C.P.) per acquisire notizie illecite sulla vittima, attraverso l`abusivo accesso alle banche dati delle forze di polizia nonché, solo M.L., anche per effettuare sopralluoghi al “Cafè Veneto”. Così Rinzivillo e Valenti, coadiuvati da pregiudicati e non, gelesi e romani, avrebbero compiuto un’estorsione nei confronti della famiglia Berti per ottenere 180.000 euro.[irp]
La vittima dell`estorsione, Aldo Berti, individuato come persona solvente ed economicamente capace di soddisfare le indebite richieste, da un lato ha presentato una formale denuncia contro gli estortori e, dall`altro, per dirimere la controversia, si è rivolto a un pregiudicato mafioso palermitano, B.R., prima collaboratore di giustizia e poi estromesso dal programma di protezione, già appartenente alla famiglia mafiosa di Cosa Nostra dei Galatolo dell`Acqua Santa di Palermo. L’avvocato arrestato, invece, è G.D., del Foro di Roma, che secondo gli inquirenti lavorava anche per il boss Rinzivillo ed è “l`archetipo dell`esponente della cosiddetta ‘area grigia’: un professionista che si serve della criminalità organizzata e di cui quest`ultima, a sua volta, si avvale in un chiaro e diretto rapporto sinallagmatico”. Su richiesta e per conto di Rinzivillo, l`avvocato ha intessuto affari illeciti di interesse comune, ha incontrato altri affiliati del clan in Lombardia nonché, per propri fini, non ha esitato ad avvalersi dei “servizi” che gli appartenenti all`organizzazione criminale risultavano in grado di dispensare con il metodo dell`intimidazione. Inoltre si preoccupava di raccogliere notizie su indagini in corso, specie se relative a Rinzivillo, per poter assumere le necessarie contromisure elusive delle investigazioni. Al legale viene contestata la condotta illecita di concorrenti esterni rispetto a Cosa Nostra, avendo posto a disposizione del boss Salvatore Rinzivillo i propri servigi, funzionali agli illeciti scopi.
CAR C’era anche il CAR, come detto, nel mirino del clan Rinzivillo, smantellato grazie all’operazione “Druso” ed “Extra Fines”. “Il tentativo di controllo di settori economici – ha spiegato Michele Prestipino, procuratore aggiunto di Roma – e’ una delle attivita’ tipica delle organizzazioni mafiose: ad essere preso di mira in questo caso e’ stato il CAR di Guidonia, una grande struttura che rappresenta un punto di riferimento importante per molti operatori. L’organizzazione ha cercato di penetrare il mercato attraverso il sistema tradizionale dei clan, sottoponendo cioe’ ad estorsione uno degli operatori, imponendogli forniture e prezzi e cercando di recuperare le somme pretese attraverso minacce e intimidazioni. Un sistema che ha finito per coinvolgere anche il titolare del Cafe’ Veneto, che si e’ rivolto ai carabinieri” Il ‘filone’ romano dell’inchiesta – ha spiegato il procuratore – era nato “da un attentato dinamitardo al mercato ortofrutticolo di Fondi, sventato nel 2014 dall’intervento della Guardia di finanza: dalle indagini sul personaggio principale coinvolto sono emersi i contatti con uno dei fratelli Rinzivillo, Salvatore, stabilitosi nella capitale dopo essere uscito dal carcere a Sulmona. Nella capitale il capo mafioso ha intessuto una rete di rapporti e fatto da riferimento per la famiglia di origine, rappresentandone di fatto la proiezione”. Per Prestipino, “e’ stata confermata una volta di piu’ una caratteristica fondamentale delle mafie, ovvero la capacita’ di costruire un sistema di relazioni esterne con il mondo non mafioso non solo nella terra di origine dei clan, ma anche la’ dove i clan si stabiliscono e fanno affari. Una rete che stavolta ha coinvolto anche uomini infedeli dello Stato messisi al servizio della organizzazione”.[irp]