AMBIENTALISTI Per gli ambientalisti tuttavia, l’evento è pura distrazione, il primo passo di una scala di ambizioni. Va detto che la firma nero su bianco dell’accordo sul clima non è sufficiente per la sua entrata in vigore. Serve infatti la sua ratifica. Per questo il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon è tornato a fare pressione: “Siamo in una lotta contro il tempo. Non dimentichiamoci che un’azione per il clima non è un peso; offre molti benefici. Ci può aiutare a eradicare la povertà, a creare lavori ‘verdi’, a sconfiggere la fame, a prevenire l’instabilità e a migliorare le vite di ragazze e donne. L’azione per il clima è essenziale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile”. In alcuni Paesi la ratifica richiederà il semplice via libera del leader di riferimento, come negli Stati Uniti; in altri, come India e Giappone, il provvedimento dovrà superare la prova del Parlamento e in altri ancora serviranno nuove leggi. Soltanto nell’Unione europea (che produce il 10% delle emissioni) i 28 Paesi membri, che devono ratificare l’accordo individualmente, non si sono ancora accordati su come verranno ridotte le emissioni. Ci sono però una quindicina di nazioni come la Svizzera, le Isole Marshall, Palau e Fiji che hanno già completato questi passi presentandosi all’Onu pronti per formalmente adottare l’intesa. Nonostante ciò, per essere operativo l’accordo ha bisogno che almeno 55 Paesi rappresentanti almeno il 55% delle emissioni globali completino l’iter necessario. Si tratta di un livello giudicato ambizioso ma fattibile. Cina e Usa, che da soli rappresentano il 38% delle emissioni globali, si sono impegnate a contribuire a raggiungerlo.
KERRY “La Cina finalizzerà le sue procedure legali interne prima del G20 previsto a settembre a Hangzhou”, ha detto il vicepremier Zhang Gaoli durante la cerimonia, a cui hanno partecipato circa 60 capi di stato e di governo. Il segretario di Stato americano John Kerry, che ieri ha fatto le veci del presidente Barack Obama (a Londra per scongiurare una Brexit) ha spiegato che la sua amministrazione punta a chiudere questa partita “quest’anno”, dunque prima della fine del secondo e ultimo mandato dello stesso Obama. La farà con un’azione esecutiva. Kerry ha ricordato come l’accordo di Parigi “sia stato un punto di svolta nella lotta contro il cambiamento climatico” e che “di certo è l’accordo sul clima più forte e ambizioso che sia mai stato negoziato”. Secondo il capo della diplomazia americana, “la potenza di questa intesa è ciò che sprigionerà nel settore privato e ciò che già sta facendo per rimettere l’economia globale su una strada più intelligente, sostenibile e responsabile”. In questo senso Kerry ha ricordato agli “amici” presenti nell’Assemblea Generale dell’Onu che lo scorso anno gli investimenti in energie rinnovabili hanno raggiunto livelli record [globale] pari a quasi 330 miliardi di dollari (+4% annuo, ndr) “ed è previsto che investiremo decine di migliaia di miliardi di dollari entro la metà di questo secolo”. Kerry ha aggiunto: “Per la prima volta nella storia, nonostante prezzi bassi del petrolio, del carbone e del metano, più denaro nel mondo è stato speso per alimentare le tecnologie energetiche rinnovabili rispetto a impianti alimentati con combustibili fossili”. Il giovane primo ministro canadese Justin Trudeau ha detto che “questo trend continuerà a crescere ed è uno che rappresenta un’opportunità enorme per il Canada. Uno che non possiamo e non potremo ignorare”. Impegnandosi a investire 2,65 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni per aiutare le economie emergenti a lottare contro il cambiamento climatico, Trudeau ha strappato un sorriso all’Assemblea generale dell’Onu quando ha detto: “Non facciamo questi investimenti per essere semplicemente carini, anche se so che il Canada ha una certa reputazione in questo dipartimento”. Lui lo fa volendo ispirare altre nazioni a fare altrettanto, perché “Siamo insieme in questa sfida”.