La temperatura in casa Cinque Stelle resta rovente, e tra gli alleati ora c’è chi evoca addirittura il pericolo di una crisi di governo e sollecita invece una verifica che porti a completare il lavoro con chi è più “responsabile”. La scelta di non partecipare al voto finale sul dl Aiuti alla Camera da parte del gruppo M5S pesa sulla salute dell’esecutivo. Peraltro è la prima volta che accade nella storia dei pentastellati ‘di governo’. Ma un conto è smarcarsi dopo aver (la scorsa settimana) approvato la fiducia; altro conto è uscire dall’Aula proprio sulla fiducia all’esecutivo, come rischia di succedere in Senato tra tre giorni (visto che il voto sulla fiducia e sul provvedimento è unico). La capogruppo M5S al Senato Mariolina Castellone tiene a far capire che la scelta dello strappo non è stata ancora presa e che “c’è ancora qualche giorno per fare le nostre valutazioni”.
Eppure, già l’Aventino dei Cinque Stelle ha innescato una valanga di critiche e il pressing nella maggioranza si è intensificato. Poco prima del voto è andato all’attacco Silvio Berlusconi sollecitando una “verifica”: “Chiediamo al presidente Mario Draghi di sottrarsi a questa logica politicamente ricattatoria e di prendere atto della situazione che si è creata”, ha sottolineato il Cavaliere aggiungendo che Fi sarà responsabile “nell`ultimo scorcio di legislatura” e sollecitando di andare a vedere “quali forze politiche intendano sostenere il governo”. Il coordinatore Fi, Antonio Tajani, ha parlato di “presupposti” per una “maggioranza in frantumi. Se il M5s non vota la fiducia al Senato si rischia di aprire una crisi di governo”.
Sulla stessa linea la Lega: “Bene la richiesta di chiarimento” da parte di Berlusconi, “a cui aggiungiamo la necessità di stoppare le leggi su droga libera e cittadinanza facile. Non è questo che si aspettano gli italiani da questa maggioranza”, hanno fatto filtrare fonti del partito, dopo che ieri Matteo Salvini aveva riproposto i temi bandiera del Carroccio come bussola da seguire senza sconti. Che la temperatura fosse alta è stato evidente con l’intervento in sede di dichiarazione di voto del capogruppo del Movimento alla Camera Davide Crippa, il quale, pur ricordando il voto di “sostegno” a Draghi con la fiducia, ha usato toni accesi per annunciare che il gruppo non avrebbe partecipato al voto finale sul dl Aiuti. Crippa ha lamentato l’assenza di tempi congrui per l’esame del decreto e ha puntato il dito contro le misure indigeste o gli interventi insufficienti (Superbonus, cessioni dei bonus edilizi, prezzi energia).
Tanto che il deputato e vicesegretario di Azione, Enrico Costa, ha avuto buon gioco nel sottolineare che il pentastellato aveva fatto un “discorso da partito di opposizione” e, velenoso, in un tweet ha aggiunto: “dedicato a Enrico Letta ed al suo campo largo”. I Democratici, che in caso di strappo del Movimento dovrebbero rifare i conti sul campo largo, sono più cauti e si mantengono defilati nei commenti ufficiali. Iolanda Di Stasio e Primo Di Nicola, capigruppo alla Camera e al Senato di Ipf, rilanciano in una nota: “Assurdo voltare le spalle agli italiani, non votando un provvedimento importante come il dl Aiuti che stanzia decine di miliardi contro il caro bollette e il caro energia. Così si porta il Paese a sbattere”.
Tra le file del Movimento si è poi consumata un’altra defezione e il deputato M5s Francesco Berti ha votato a favore contro le indicazioni del gruppo. Forse un altro parlamentare in transito verso Insieme per il fututo (Ipf), il gruppo fondato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio? Su twitter Berti scrive che “due crisi di governo in una legislatura sono già troppe”.