Politica

Clima sempre teso nel Pd, Zingaretti chiede stop a polemiche ma glissa il congresso

Nicola Zingaretti prova chiedere uno stop alle polemiche nel Pd, il leader democratico parla alla direzione convocata per discutere della questione femminile che si è aperta con la squadra di ministri dem tutta al maschile e di fatto rimanda all’assemblea nazionale del 13-14 marzo il confronto sulla linea politica e sul congresso. Il segretario, anzi, non cita proprio le assise chieste da Base riformista, da molti sindaci, dall’area di Matteo Orfini.

Zingaretti si limita a chiedere una “rigenerazione del Pd”, sollecita tutti a “scommettere sul partito” e solo nelle battute finali del suo intervento invoca “l’unità” per evitare che il partito diventi “una forza che implode e si allontana dalla vita delle persone”. Quindi, appunto, l’appello: “Se provassimo ogni tanto – fatemi dire con ironia: per sbaglio! – a non polemizzare su tutto, se riuscissimo a guardare alle cose concrete con un po’ più di laicità, tutto sarebbe più semplice”. Solo un passaggio, appunto, perché l’ordine del giorno era un altro. E della questione nessuno di fatto parla durante il dibattito successivo, tutto dedicato alla mancanza di donne tra i ministri Pd. Ma il vero termometro del clima nel Pd è il botta e risposta che va in scena fuori dalla direzione, sui giornali e poi sulle agenzie di stampa. Andrea Orlando, in una intervista al Quotidiano nazionale, dice chiaro e tondo quello che molti deputati vicini al segretario vanno mormorando da giorni: “Zingaretti ha lavorato e sta lavorando duramente in nome dell’unità, sebbene la sua generosità non sia sempre ripagata”.

Il vicesegretario se la prende con quelli che definisce “rigurgiti di posizioni che guardano a un Pd del passato, improntato verso un centrismo non più al passo con i tempi”. Un dibattito che, per Orlando, non punta nemmeno al congresso anticipato (“Non lo vogliono”) e che ha un solo vero obiettivo, il “logoramento del gruppo dirigente”. I bersagli delle critiche sono fin troppo chiari, visto che ieri il sindaco di Bergamo Giorgio Gori aveva rimpianto la “vocazione maggioritaria” e il capogruppo in Senato Andrea Marcucci aveva parlato di “tornare allo spirito del Lingotto” dell’era Veltroni. Non a caso Marcucci è tra coloro che replicando ad Orlando dice: “Mi sembra che il ministro del Lavoro insegua delle ombre per precostituirsi degli avversari interni. Vorrei tranquillizzarlo, il nostro obiettivo infondo è lo stesso da anni, un Pd ampio e riformista”. E Dario Stefano invita il vicesegretario a “vedere meno film noir”.

Base riformista – racconta un esponente della corrente – ora dovrà decidere come presentarsi all’assemblea. La richiesta del congresso è sul tavolo e “molti sono per dare battaglia”, dice qualcuno riferendo gli scambi di opinioni sulle chat dell’area Guerini-Lotti. Ma, appunto, c’è da capire che partita giocare. Con i contagi in risalita e il probabile rinvio delle elezioni amministrative è difficile pensare ad un congresso prima di settembre-ottobre. E c’è anche da capire se Stefano Bonaccini – l’uomo su cui si punta per sfidare Zingaretti – sia pronto a lanciare la sfida. Anche per questo, probabilmente, dirigenti molto ascoltati come Goffredo Bettini da giorni stanno insistendo perché Zingaretti giochi d’anticipo e all’assemblea arrivi a proporre un congresso vero e proprio, anche sulla leadership, in tempi brevi. Anche in questo caso, però, bisognerà prima capire l’andamento dei contagi, perché certo è difficile immaginare i gazebo con mezza Italia in zona rossa o arancione.

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