Anche Hillary Clinton ha presentato il suo piano economico. Lo ha fatto, smontando quello descritto tre giorni prima da Donald Trump (foto con la moglie Melania) e aggiungendo dettagli alle proposte già presentate nel corso di questa campagna elettorale. Così facendo la candidata democratica ha cercato di dimostrare che le politiche del suo rivale agevolerebbero i più abbienti e non la classe media a cui lei dice di tenere: “Sono figlia di un proprietario di una piccola azienda, sono nipote di un operaio”, ha ricordato al pubblico riunito di fronte a lei in uno stabilimento a Warren, nello stesso Stato (il Michigan) dove lunedì aveva parlato Trump. Se il candidato repubblicano ha promesso “la maggiore rivoluzione fiscale da Ronald Reagan”, la sfidante democratica garantisce “il più grande piano di investimento dalla Seconda guerra mondiale per creare posti di lavoro pagati bene”. In questo modo “con me verranno creati 10 milioni di posti di lavoro mentre con Trump ne verranno persi 3,4 milioni”, ha spiegato. Se Trump vuole abbassare l’aliquota a cui le aziende sono soggette al 15% contro quella attuale superiore al 30%, lei vuole semplificare il regime tributario per le pmi: l’idea è penalizzare le aziende che spostano all’estero i posti di lavoro premiando con incentivi fiscali quelle che invece distribuiscono gli utili con i dipendenti.
Clinton ha per altro denigrato la proposta del repubblicano, descritta come una scorciatoia che permette agli imprenditori come il magnate dell’immobiliare di pagare meno della metà dell’attuale aliquota sui loro redditi. E infatti ha ribattezzato la misura come un “Trump Loophole”. E sempre in tema di tasse, Clinton è tornata a chiedere la pubblicazione della dichiarazione dei redditi del rivale. Non solo. Clinton ha criticato anche l’abolizione della tassa di successione avanzata da Trump, quella che in America chiamano “death tax”. In generale, “Donald Trump vuole regale migliaia di miliardi di tagli alle tasse alla gente come lui”. Secondo l’ex first lady, “anche gli esperti conservatori dicono che l’agenda di Trump farà cadere la nostra economia in recessione”. Clinton ha poi ricordato che Trump predica bene e razzola male: lui dice di volere portare in America i posti di lavoro, ma poi produce all’estero i prodotti con il suo marchio. E “ha fatto affari truffando tante piccole aziende. Non le ha pagate non perché non poteva ma perché non voleva”. Se Trump ha detto che “l’isolamento non è un’opzione” e che verranno negoziati solo gli accordi commerciali che fanno bene all’America, Clinton è pronta a “fermare accordi commerciali che uccideranno posti di lavoro, inclusa la TPP”, Trans-Pacific Partnership ossia l’accordo di libero scambio tra Usa e 11 nazioni del Pacifico tanto voluto dal presidente Barack Obama.
Il candidato del Gop lunedì 8 agosto disse che “un voto per Clinton, è un voto per Tpp e Nafta”. Lei ha spiegato che “mi oppongo (alla Tpp) ora, mi opporrò dopo le elezioni, e mi opporrò da presidente”. Il motivo? Troppe aziende hanno spinto per accordi commerciali spiegando di volere “vendere i loro prodotti all’estero ma poi si sono trasferite all’estero vendendo agli Usa” i loro stessi prodotti. Anche per questo è pronta a lottare contro le cosiddette inversioni fiscali imponendo una “exit tax”, ‘la tassa sull’uscita’ dagli Stati Uniti che verrebbe imposta ai gruppi americani che traslocano in un Paese straniero per godere di maggiori vantaggi fiscali sfruttando l’acquisizione di un gruppo estero. Prima di salire sul palco, Clinton ha fatto un tour della fabbrica Futuramic, che costruisce – tra gli altri – componenti per i cacciabombardieri F35. Da là ha promesso il rafforzamento dei sindacati: farlo “non rafforza solo i loro membri ma porta a lavori meglio retribuiti, a benefici e a condizioni di lavoro migliori per tutti”.