Israele ha preso una decisione significativa ritirando le sue truppe di terra combattenti dal sud di Gaza, in particolare da Khan Yunis, mentre gli sfollati palestinesi tornano gradualmente nella regione. Questo avvenimento segna un punto di svolta, arrivando sei mesi dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre e marcando l’inizio della Terza Fase dell’operazione terrestre iniziata il 27 ottobre, secondo fonti dell’IDF. Questa nuova fase è caratterizzata da raid mirati e limitati, come dimostrato dal recente attacco all’ospedale Shifa di Gaza City.
La decisione di ritirare le truppe lascia sul terreno solo la Brigata Nahal, incaricata di controllare il Corridoio Netzarim, una zona strategica che divide la Striscia di Gaza in due parti. È stato specificato che il ritiro delle truppe non impedisce un eventuale ritorno a Khan Yunis, se necessario. Tuttavia, questa mossa è stata fatta in un momento cruciale, coincidendo con la riapertura dei negoziati indiretti tra Hamas e Israele al Cairo. Questi colloqui sono mediati da Qatar, Egitto e Stati Uniti e si discute la possibilità di una tregua temporanea in occasione della Festa di Eid al-Fitr.
Nonostante le trattative, il premier Benyamin Netanyahu ha chiarito che Israele non accetterà un cessate il fuoco senza il rilascio degli ostaggi e ha denunciato le richieste “estreme” di Hamas. Ha anche sottolineato l’importanza dell’unità nazionale di fronte alle manifestazioni di protesta. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha spiegato che il ritiro delle truppe è avvenuto quando Hamas non rappresentava più una minaccia militare a Khan Yunis, ma è stata confermata l’intenzione di condurre un’operazione a Rafah.
La Casa Bianca ha espresso la sua frustrazione riguardo al coinvolgimento di Israele a Gaza e ha indicato che il ritiro delle truppe sembra essere solo un “periodo di riposo”. Tuttavia, questa mossa sembra rappresentare un cambiamento nella strategia complessiva dell’IDF, consentendo ulteriori opportunità operative e di intelligence. Gli obiettivi principali ora sono gli attacchi mirati contro Hamas, la ricerca degli ostaggi israeliani e la riduzione dei rischi per i soldati israeliani.
La sorveglianza sul Corridoio Netzarim permette agli israeliani di condurre raid nel nord e nel centro della Striscia, ma impedisce ai palestinesi sfollati di rientrare nel nord e permette alle organizzazioni umanitarie di consegnare aiuti direttamente nella zona. Infine, Israele si dichiara pronto a rispondere a qualsiasi scenario con l’Iran, che continua a minacciare rappresaglie per l’attacco al consolato a Damasco. Queste minacce pongono in pericolo gli interessi israeliani all’estero, con particolare attenzione alle ambasciate israeliane nel mondo.