Colpo al clan Moccia, arresti tra Roma e Napoli: 13 in manette. Soldi dati a figlio Gigi D’Alessio

29 settembre 2020

E’ di 13 persone il bilancio dell’operazione, condotta tra le province di Roma e Napoli dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, coadiuvati dai Comandi dell`Arma territorialmente competenti, contro il clan camorrostico Moccia. I provvedimenti di custodia cautelare sono stati emessi dal Gip presso il Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Le accuse a vario titolo vanno dall’estorsione alla fittizia intestazione di beni, aggravati dal metodo mafioso, fino all’esercizio abusivo del credito. Tra i destinatari dell`ordinanza anche Angelo e Luigi Moccia, capi dell`omonimo clan. L`indagine dei carabinieri, avviata nel 2017, poco tempo dopo la scarcerazione di Angelo Moccia, ha permesso di documentare gli interessi economici del clan nella Capitale ed, in particolare, la gestione sotto diverso nome di varie attività commerciali, un`estorsione con metodo mafioso ed il reimpiego di capitali illeciti in investimenti immobiliari ed in macchine di lusso, sempre attraverso fittizie intestazioni volte ad evitare che i beni in questione finissero sotto la scure delle misure di prevenzione disposte dopo le pesanti condanne di parte degli indagati. I carabinieri stanno dando esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di beni, anche ai fini della confisca, di parte del patrimonio del clan, del valore complessivo di circa 4 milioni di euro, ricostruito e individuato nel corso delle indagini.

Sono 14 i ristoranti sequestrati a Roma nel corso dell`operazione dei carabinieri contro il clan malavitoso dei Moccia. La maggior parte dei locali sono in centro in zone come il Pantheon e via dei Coronari. Nel corso dell`operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma i carabinieri del comando provinciale – si aggiunge – hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di beni, anche ai fini della confisca, di parte del patrimonio del clan, del valore complessivo di circa 4 milioni di euro, ricostruito e individuato nel corso delle indagini. Dalle prime luci dell`alba, nelle province di Roma e Napoli, i militari dell’Arma hanno dato esecuzione a un`ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 13 persone, di cui 8 in carcere e 5 ai domiciliari, indagate a vario titolo per i reati di estorsione e fittizia intestazione di beni, con l`aggravante dal metodo mafioso, nonché esercizio abusivo di attività creditizia. Tra gli arrestati anche Angelo e Luigi Moccia, a capo dell`omonimo clan camorristico. Il clan Moccia di Afragola è una storica organizzazione camorristica, protagonista di accese faide tra la fine degli anni `80 e i primi anni `90. Tuttora è operante nei comuni della provincia partenopea di Afragola, Casoria, Arzano, Caivano, Cardito, Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore nonché, negli ultimi anni, anche sul territorio romano.

Al centro del clan Moccia c’era Gennaro, assassinato il 31 maggio del 1976 in un agguato dovuto ai contrasti tra la sua egemonia e il contrapposto clan Giugliano che, all`epoca, controllava il territorio di Afragola. In seguito la famiglia fu retta – si ricorda – dall’indagato Angelo Moccia che, al termine della prima e della seconda guerra di camorra, dopo gravi vicende di sangue, fu destinatario di una condanna all`ergastolo per i procedimenti penali che ne scaturirono. Dopo la condanna – si aggiunge – Angelo decise di costituirsi nel 1992, presso la Casa Circondariale de L`Aquila, affermando di essere intenzionato a troncare il proprio passato criminale ed intraprendere la strada della cosiddetta “dissociazione”. In tale occasione lo stesso aveva dichiarato che non avrebbe accusato nessuno, ma soltanto riconosciuto le proprie responsabilità. A partire dal 2010, i nuclei familiari di Angelo Moccia e del fratello Luigi si trasferirono a Roma; dal 2016, a seguito della sua scarcerazione, Angelo Moccia si riunì ai propri familiari a Roma, domiciliando in zona Parioli.

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L’ordinanza di custodia cautelare di oggi – si sottolinea – si basa sulle risultanze acquisite dai carabinieri di via in Selci, nell`ambito dell`indagine sviluppata tra gennaio 2017 e ottobre 2018, che ha permesso di accertare il reinvestimento di capitali illeciti nel campo della ristorazione romana da parte dello storico clan Moccia di Afragola. E documentare le fasi della richiesta estorsiva e della riscossione di 300.000 euro posta in essere da esponenti di spicco del citato sodalizio criminale in danno di imprenditori inseriti nel settore della ristorazione, i quali avevano ottenuto dal Tribunale di Roma – Sezione Misure Patrimoniali – la gestione di quattro locali dislocati nel centro della Capitale tra Castel Sant`Angelo, Quirinale e Piazza Navona, oggetto di un precedente sequestro di prevenzione operato per evasione fiscale nei confronti di un noto manager romano del settore, riconducibile, all`esito della presente indagine, al capoclan Angelo Moccia. Gli investigatori dei carabinieri hanno individuato una rete di imprenditori e faccendieri che, al fine di favorire il clan camorristico e di eludere le investigazioni patrimoniali, si intestavano fittiziamente società nel campo della ristorazione, beni mobili e immobili riconducibili ai sodali.

Inoltre è stata accertata l`abusiva attività finanziaria svolta dagli esponenti apicali del clan Moccia tramite prestiti di ingenti somme di denaro contante in favore di 3 imprenditori, uno dei quali figlio di un noto personaggio dello spettacolo. Le attività investigative dei carabinieri avviate nel 2017, poco tempo dopo la scarcerazione di Angelo Moccia, hanno documentato l`operatività di costui e del fratello Luigi nella commissione dei reati oggetto di misura cautelare, confermandone l`invariata condotta criminale. In particolare, da un canto è emerso come la forza intimidatrice profusa dal clan Moccia sia riuscita a far breccia nel tessuto imprenditoriale e commerciale della Capitale, riuscendo ad assoggettare onesti imprenditori, dall`altro è stato rilevato come diversi insospettabili professionisti siano entrati in “affari” con il sodalizio mafioso de quo e si siano messi a disposizione del capo indiscusso Angelo Moccia, vincolandosi a rispettare le regole e le riverenze imposte dal sodalizio.

L`imponente liquidità in possesso del clan veniva reinvestita dai Moccia, oltre che nelle attività commerciali, anche esercitando un`attività abusiva di esercizio del credito. Venivano, infatti, concessi prestiti a una serie di soggetti pretendendo dagli stessi interessi variabili, allo stato non ancora determinati. Le risultanze investigative hanno consentito di ricostruire e individuare parte del patrimonio del clan, del valore complessivo di circa 4 milioni di euro, consentendo al G.I.P. di emettere un decreto di sequestro preventivo, anche ai fini di confisca, dei seguenti beni, in quanto corpo, prezzo o prodotto del reato: una società con sede legale a Roma, in zona Pantheon, che all`epoca dei fatti gestiva un ristorante ivi ubicato, fittiziamente intestata a persona compiacente; una società, con sede legale a Roma, in zona Castel Sant`Angelo, che all`epoca dei fatti gestiva un ristorante nelle vicinanze, fittiziamente intestata a persona compiacente; immobile di lusso ubicato a Roma, in via Filippo Civinini, riconducibile ad Angelo Moccia; tre autovetture riconducibili ad alcuni degli indagati.

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INTERCETTAZIONI

“Soggetti che necessitano dei prestiti”. Claudio D’Alessio, figlio del noto cantante napoletano Gigi D’Alessio, figura tra le persone che sono state vittime del clan Moccia. In particolare Gennaro, dell’87, e Angelo Moccia avrebbero “svolto in maniera continuativa e professionale l’attività di esercizio del credito”. Le accuse per gli indagati sono estorsione e fittizia intestazione di beni, aggravati dal metodo mafioso, nonché appunto esercizio abusivo del credito. In una intercettazione, riportata nell’ordinanza dal gip, D`Alessio parla con Marco Claudio De Sanctis, presidente del Mantova Football Club, ed entrambi si lamentano dei metodi usati dai Moccia. “Se tu non blocchi un attimo la situazione e dai il tempo di respirare e di organizzarsi, qui non si andrà mai da nessuna parte, e quindi dico… cioè, non è che uno va a rubare la mattina che all’improvviso io ti posso chiudere…”, spiega D`Alessio. “Serve un attimo di respiro fammi lavorare, fammi fare e poi si stabilisce un piano di rientro”.

Una quota di 30mila euro. Questo il denaro che il figlio di Gigi D`Alessio, Claudio, avrebbe dovuto ridare al clan Moccia, dal quale aveva avuto dei soldi in prestito. Ma “ad ogni pagamento effettuato in ritardo, i Moccia applicavano degli ulteriori interessi, non meglio indicati, che aumentando di gran lunga il capitale da restituire, allungavano anche i tempi di estinzione del debito”, riporta il gip nell`ordinanza di custodia cautelare nell`ambito dell`operazione condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia contro l’organizzazione che ha portato all’arresto di 13 persone. L’accusa contesta a vario titolo i reati di estorsione e fittizia intestazione di beni, aggravati dal metodo mafioso, nonché esercizio abusivo del credito. In una intercettazione D`Alessio parla delle pressioni dei Moccia con Marco Claudio De Sanctis, presidente del Mantova Football Club, anche lui `strozzato` dal clan dopo aver ottenuto denaro in prestito. “nooo gli ho detto `mò basta, ci dobbiamo bloccare perché così sta esagerando` gli ho detto ti devi fermare, io adesso a febbraio devo chiudere e basta, si deve congelare a gennaio, ogni volta fa quello più quello, più quello…”. “Perché se non paghi, tipo quel giorno, ti fa una volta e mezzo” gli risponde De Sanctis.

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“Da una conversazione si comprende come il rapporto debitorio durasse da almeno 6 mesi – si legge nel provvedimento – poiché Moccia, con tono alquanto infastidito sollecitava D`Alessio a risolvere la questione (“allora me lo devi dire tu, Claudio, fratello… sono sei mesi, allora!), sottolineando come le `belle chiacchiere` non fossero sufficienti con lui, che era “di Napoli” (“però Claudio tutti questi … queste belle chiacchiere… io non sono di Milano … non sono neanche della Cina, io sono di Napoli”). “Analoghe contestazioni venivano mosse a D`Alessio in una conversazione del 13 luglio 2018 – scrive il giudice Rosalba Liso – ( ‘aò però frate, ja, stiamo da sei mesi a fa` sto bordello’), al termine della quale i due concordavano che D`Alessio avrebbe consegnato a Moccia un assegno, che avrebbe poi incassato una terza persona, per conto di Moccia proprio al fine di evitare che emergessero rapporti finanziari diretti tra D`Alessio e Gennaro Moccia”.

“I ristoranti sono di Angelo Moccia! Tu lo sai chi è Angelo Moccia? Qua l’hai conosciuto! No? Vedi che c `hanno un ‘organizzazione… che perspaventarmi io che l’ho conosciuto ultimamente… ti dico…spaventosa! Spaventosa! Non ti dico quanto! Capisci a me,nonostante li conosco da anni…”, “Sono un clan?…”, “Spaventosa! Stanno nei Tribunali! Comunque… I ristoranti di roma sono tutti loro! Tutti! Non riconducibili!”. Così in un’intercettazione telefonica uno degli indagati parla con un conoscente dei ristoranti e dei locali nella disponibilità del clan finiti nell’inchiesta che ha portato oggi all’arresto di 13 persone. La conversazione è riportata nell’ordinanza di custodia cautelare.

“eh… ti dico solo una cosa, tu lo sai che Fra… che Angelo c’ha un esercito a disposizione?”. Così si legge in una delle intercettazioni riportate in un passo dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita oggi dai carabinieri nei confronti del cosiddetto clan Moccia. “Ho detto sì, ok ciao!. Quelli c’hanno veramente un esercito eh! il problema è che Vittorio non ha capito con chi c’ha a chefa!… [omissis]…Pensa di giocà, ma questi, QUESTI TIAM M AZZANO!… [omissis]… ti ammazzano, dicono ‘oh, tido’ comunque la possibilità di guadagnare cinque milioni dieuro l’anno…”. “…[omissis]…I quattro locali che adesso abbiamo preso fruttano cinque anni a cinque milioni di euro l’anno! Quest’ultimo anno quattro, perché [inc.] il Tribunale… fatturi lordi., per carità…Dieci milioni di euro ogni anno. …[omissis] …Bravo! E poi, soprattutto, per alcune cosec’è dietro Angelo Moccia…Angelo Moccia non so se tu hai mai visto chi è su internet…”.

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