Colpo alla mafia, smantellato mandamento Pagliarelli a Palermo
APPALTI E ESTORSIONI Un triumvirato reggeva la storica roccaforte di Cosa nostra VIDEO
I carabinieri hanno disarticolato a Palermo il mandamento mafioso di “Pagliarelli”, storica roccaforte di Cosa nostra. I militari hanno eseguito 39 misure cautelari, e in manette sono finiti i capi delle famiglie mafiose di “Pagliarelli”, “Corso Calatafimi” e “Villaggio Santa Rosalia”, individuati rispettivamente in Giuseppe Massimiliano Perrone, Alessandro Alessi e Vincenzo Giudice. Raggiunto dal provvedimento restrittivo anche Salvatore Sansone, nipote del capo mandamento di “Pagliarelli”, Nino Rotolo, e ritenuto elemento di spicco della famiglia mafiosa di “Uditore”. Le indagini hanno evidenziato la difficoltà di Cosa nostra a esprimere una leadership autorevole e unanimemente riconosciuta, con la conseguente esigenza di affidare la gestione della cosca a una sorta di “organo collegiale”, un triumvirato costituito da tre giovani “uomini d’onore” tenuti al reciproco confronto sulle scelte strategiche. Le indagini hanno evidenziato la tendenza al contenimento del fenomeno del pizzo, verosimilmente dovuta alla crisi economica, ed al diffondersi degli episodi di reazione da parte delle vittime.
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Cosa nostra invece continua a mostrare interesse nei confronti dei grossi appalti, come dimostra il tentativo di estorsione da 500mila euro nei confronti dell’impresa aggiudicataria dell’appalto per la ristrutturazione dell’ospedale Policlinico “Paolo Giaccone”. Le indagini hanno consentito di costatare un rinnovato interesse della mafia verso il traffico di sostanze stupefacenti che il gruppo, ricorrendo a canali di approvvigionamento piemontesi e campani, era in grado reperire in grandi quantità. Alcune operazioni svolte negli anni scorsi, che hanno portato al sequestro di oltre 400 kg di hashish, possono adesso inquadrarsi nell’ambito del gruppo criminale smantellato. Anche l’attività di spaccio si svolgeva sotto il diretto controllo del gruppo, che aveva imposto un preciso “protocollo operativo”, la cui inosservanza da parte dei pusher comportava il prelievo coattivo dei veicoli in uso e, nei casi più gravi, addirittura violente e sanguinose spedizioni punitive.