Coltellate al padre violento: Alex Cotoia assolto, il dramma di una famiglia spezzata
La sentenza è arrivata, ma per Alex Cotoia il sollievo è misto a incredulità. “Sono frastornato, devo ancora metabolizzare cosa è successo”, ha dichiarato il ventiduenne, abbracciando i suoi legali e i familiari presenti in aula. La Corte di assise di appello di Torino ha confermato oggi la sua assoluzione dall’accusa di omicidio volontario, riconoscendo per la seconda volta che il giovane agì per legittima difesa.
I fatti risalgono al 30 aprile 2020, quando Alex, allora diciottenne, intervenne per proteggere la madre da una violenta aggressione del padre, Giuseppe Pompa, uccidendolo con diverse coltellate. Una vicenda che ha segnato la sua vita e quella della sua famiglia, trasformandosi in un lungo e tormentato iter giudiziario, oggi finalmente concluso.
La lunga strada verso la verità
La vicenda giudiziaria di Alex è stata segnata da continui ribaltamenti. La prima assoluzione risale al 24 novembre 2021, quando il tribunale accolse la tesi della difesa, basata sulle testimonianze della madre e del fratello del giovane, e lo scagionò completamente. Tuttavia, la Corte d’appello, con una decisione successiva, inflisse sei anni e due mesi di reclusione, dubitando delle testimonianze familiari e chiedendo persino l’invio degli atti in procura per possibile falsa testimonianza.
La Cassazione, infine, ordinò un nuovo giudizio, portando alla sentenza odierna che ha confermato l’assoluzione iniziale. “Spero che questa decisione ponga fine a una vicenda che ha aggiunto sofferenza a sofferenza”, ha commentato l’avvocato Claudio Strata, che ha difeso Alex insieme al collega Enrico Grosso.
Una famiglia distrutta dalla violenza
Giuseppe Pompa, la vittima, è stato descritto durante i processi come un uomo dal carattere violento e imprevedibile. I figli avevano iniziato a registrare di nascosto le sue sfuriate per documentare le aggressioni verbali e fisiche che subivano. La tensione familiare aveva raggiunto livelli insostenibili.
Il 30 aprile 2020, secondo quanto emerso, Giuseppe aveva contattato la moglie 101 volte sul cellulare, accusandola di aver salutato un collega al lavoro. Tornato a casa, l’uomo aveva iniziato a urlare contro di lei già sul pianerottolo. La lite degenerò rapidamente, fino all’intervento di Alex, che si trovava agli arresti domiciliari.
Le accuse della pubblica accusa
Nonostante il contesto di abusi, la pubblica accusa ha sempre contestato la tesi della legittima difesa. Durante il processo d’appello, il pm Alessandro Aghemo e l’Avvocato generale Giancarlo Avenati Bassi hanno sottolineato che Giuseppe Pompa fu colpito 34 volte con sei coltelli diversi. “Questa non è stata legittima difesa – ha dichiarato Avenati Bassi – ma una reazione sproporzionata a un uomo odioso. Le vittime di violenza devono rivolgersi ai tribunali, non prendere la giustizia nelle proprie mani”.
La vita dopo il processo
Per Alex, oggi ventiduenne e guardiano notturno in un albergo, la fine del processo segna l’inizio di una nuova fase. “Devo ancora metabolizzare tutto, ma stasera non lavorerò. Voglio festeggiare con Zoe, la mia cagnolina. Non vedo l’ora di stare con lei”, ha dichiarato visibilmente emozionato.
La speranza, ora, è che questa sentenza ponga fine a un capitolo doloroso per una famiglia che ha vissuto anni di violenza e sofferenza, e che permetta a Alex di guardare finalmente al futuro con serenità.