La Commissione europea ha multato Google per 1,49 miliardi di euro per aver violato le norme antitrust dell’Ue. Secondo la Commissione, Google ha abusato della sua posizione dominante sul mercato imponendo un certo numero di clausole restrittive ai contratti con siti Web di terze parti che impedivano ai concorrenti di inserire su questi siti i loro annunci pubblicitari collegati alle ricerche degli utenti. La Commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager ha spiegato, oggi a Bruxelles, che la multa è stata comminata “per abuso illegale della posizione dominante di Google nel mercato dell’intermediazione di annunci nella ricerca online”, e ha ricordato che è la terza volta che l’Antitrust Ue multa il gigante del Web, dopo altre due decisioni nel giugno 2017 e nel luglio 2018.
“Google – ha detto Vestager – ha consolidato la propria posizione dominante nella pubblicità collegata alle ricerche online, mettendosi al riparo dalla pressione della concorrenza con l’imposizione di restrizioni contrattuali anticoncorrenziali ai siti Web di terzi. Si tratta di pratiche illegali ai sensi delle norme antitrust dell’Ue. Questa condotta illegale si è protratta per oltre 10 anni, negando ad altre società la possibilità di competere sulla base dei loro meriti e di innovare, e privando i consumatori dei vantaggi della concorrenza”. I siti web dei quotidiani, i blog o gli aggregatori di siti di viaggi e turismo sono spesso dotati di una funzione di ricerca. Quando un utente effettua una ricerca utilizzando questa funzione, insieme ai risultati della ricerca, il sito Web propone annunci pubblicitari collegati alla ricerca.
Google agisce come un intermediario pubblicitario tra inserzionisti e proprietari di siti web che vogliono inserire annunci nello spazio intorno alle pagine dei risultati della ricerca. Attraverso “AdSense for Search”, Google funziona quindi come una piattaforma di intermediazione pubblicitaria nei motori di ricerca. Dal momento che i concorrenti nella pubblicità collegata alle ricerche, come Microsoft e Yahoo, non hanno la possibilità di vendere spazi pubblicitari nelle pagine dei risultati di ricerca di Google, i siti web di terzi rappresentano un importante punto di accesso ai motori di ricerca per questi altri fornitori di servizi di intermediazione pubblicitaria, concorrenti di Google. L’indagine della Commissione ha concluso che Google ha dapprima imposto un obbligo di fornitura esclusiva, che impediva ai concorrenti di inserire annunci pubblicitari collegati alle ricerche sui siti web più significativi dal punto di vista commerciale, e poi ha introdotto una cosiddetta strategia di “esclusiva non rigida” volta a riservare gli spazi migliori per i propri annunci collegati alla ricerca e a controllare le prestazioni degli annunci dei concorrenti.
A partire dal 2006, infatti, Google ha previsto nei suoi contratti delle clausole che vietavano ai “publisher” di mostrare sulle pagine dei risultati di ricerca annunci pubblicitari collegati alla ricerca dei concorrenti. Dal marzo 2009, poi, Google ha gradualmente iniziato a sostituire le clausole di esclusiva con le cosiddette clausole di “posizionamento premium”. In questo modo, veniva imposto ai “publisher” di riservare lo spazio più redditizio sulle pagine dei risultati di ricerca agli annunci di Google e di prevedere un numero minimo di annunci della stessa Google. Sempre dal marzo 2009, inoltre Google ha inserito nei contratti clausole che imponevano ai publisher di chiedere la sua autorizzazione scritta prima di modificare il modo in cui sono visualizzati i messaggi pubblicitari dei concorrenti, in modo da poterne controllare l’efficacia, in base ai click ricevuti. Queste pratiche di Google hanno interessato oltre la metà del mercato (fino all’85%) in termini di fatturato per la maggior parte del periodo indicato.
La decisione odierna della Commissione conclude che Google detiene una posizione dominante nel mercato dell’intermediazione pubblicitaria nei motori di ricerca nello Spazio economico europeo almeno dal 2006. Nel giugno 2017 la Commissione ha inflitto a Google un’ammenda di 2,42 miliardi di € per aver abusato della sua posizione dominante come motore di ricerca conferendo un vantaggio illegale al proprio servizio di acquisti comparativi. Nel giugno 2017 e nel luglio 2018 la Commissione aveva già inflitto a Google altre due multe miliardarie: rispettivamente per 2,42 miliardi di euro, e di 4,34 miliardi di euro. La prima sanzione era stata comminata per abuso di posizione dominante come motore di ricerca, per aver conferito un vantaggio illegale al proprio servizio di acquisti comparativi; la seconda aveva colpito le pratiche illegali riguardanti i dispositivi mobili Android, volte a rafforzare la posizione dominante del motore di ricerca di Google.