Un richiamo a far ricorso a innovazione e riforme per contribuire al rilancio della crescita economica, che a livello globale resta insoddisfacente e non può poggiare solo su politiche monetarie e di bilancio. Ma non solo. Con vari Paesi europei che rimettono esplicitamente in discussione le modalità con cui si è operata la “globalizzazione” nei decenni passati, soprattutto la Cina, ospite del vertice G20 a Hangzhou, ha sentito l’esigenza di richiamare ancora una volta consensi contro il protezionismo commerciale. Ne stavolta si è fatto ricorso ad una formula articolata, che cerca di accontentare più esigenze. Gli impegni “di rito” a contrastare i protezionismi sono stati infatti accompagnati da altri, volti a rassicurare le opinioni pubbliche occidentali sul dumping industriale o fiscale. Il presidente Xi Jinping (foto) aveva messo le mani avanti, chiedendo a capi di Stato e di governo di evitare “colloqui improduttivi”. In assenza di una crisi immediata su cui confrontarsi e discutere, il rischio era infatti quello di ritrovarsi con una agenda dispersiva. Ma la montata dei movimenti politici antagonisti, spesso definiti “populisti”, di cui si è avuto un ultimo esempio dalle elezioni regionali in Germania, mostra come la classe dirigente dei Paesi avanzati debba confrontarsi con pressioni interne anche in merito agli scambi con l’estero.
Non a caso proprio la cancelliera tedesca Angela Merkel si era presentata affermando che la globalizzazione “non è solo positiva, può anche generare disuguaglianze tra gruppi e popolazioni”. Questo non significa ritornare al protezionismo, che frena la crescita ma bisogna “contrastare le disuguaglianze e creare uno stretto legame tra crescita economica e giustizia sociale”, ha aggiunto. Per parte sua il presidente francese Francois Hollande ha avvertito che la Francia resta a favore della globalizzazione “ma a condizione che sia regolamentata – ha detto – che esistano principi, standard, in particolare sulla tutele ambientale e sociale”. Implicitamente un modo di mettere in rilievo carenze su questi versanti. Per l’Italia era presente il presidente del Consiglio Matteo Renzi, secondo cui “una crescita che sia equa, che non lasci indietro nessuno, che non esasperi le differenze” deve essere una priorità per i 20 grandi. “La stabilità finanziaria priva dell’inclusione dei cittadini, la stabilità finanziaria che non plachi la paura della classe media – ha avvisato – va bene per i convegni non per la vita di tutti i giorni”. Il risultato più tangibile di questi richiami è stata la decisione di istituire un forum per vigilare sull’impegno dei Paesi a evitare gli eccessi di capacità produttive, un problema su cui nel mirino è proprio la Cina, in particolare per l’acciaio.
Un altro impegno legato a doppio filo con i problemi derivanti dalla globalizzazione è quello sull’armonizzazione dei sistemi fiscali. Nel comunicato finale i 20 leader affermano di voler “attuare senza indugi uno standard automatico sullo scambio di informazioni entro il 2018”. Secondo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan (foto), che accompagnava Renzi, “è stato ribadito che la ricerca di un regime trasparente, che permetta uno scambio uguale dal punto di vista fiscale, è ormai un fatto acquisito e molto importante”. L’assunzione di questi impegni in sede G20 – gruppo che rappresenta l’85 per cento del Pil e i due terzi della popolazione mondiale – è stata rivendicata dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, come un merito di tutta l’Ue. Così come il riconoscimento dell’immigrazione come un problema di portata globale, il cui fardello va condiviso. Ognuno comunque guarda i vari temi nel modo che gli risulta che più congeniale. “Ci siamo trovati d’accordo nel sostenere i sistemi di scambio commerciale multilaterali, e di opporci al protezionismo”, ha infatti rivendicato il presidente cinese Xi, al termine dei lavori (in una conferenza stampa alla quale non è stato possibile rivolgere domande). Secondo la direttrice del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde “al tavolo c’era la determinazione a mostrare meglio i benefici del commercio in modo da rispondere ai facili populismi – ha detto -. Ad esempio il modo con cui la Cina è riuscita a portare 700 milioni di persone fuori dalla povertà. Storie come questa di solito non si sentono”.
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