Il compromesso, sintetizzato in una dichiarazione di sole 255 parole, viene raggiunto pranzando con pizza e coca cola nella sala Salvadori della Camera, prima di salire al Quirinale. L’ennesimo vertice del centrodestra da quando è incominciata la crisi, diventa indispensabile a poche ore dalle consultazioni al Colle per cercare di dissipare, almeno per qualche ora, la diffidenza reciproca e mantenere l’immagine di compattezza nata dalla decisione di andare a conferire con il capo dello Stato tutti insieme. Perché la sera prima, Fratelli d’Italia ha chiesto un chiarimento agli alleati che, secondo Giorgia Meloni, con troppa disinvoltura hanno cominciato a parlare di piani B rispetto allo slogan ‘ridare la parola agli italiani’ sul quale avevano fissato un punto di convergenza.
Il vertice non ha certamente appiattito le diverse visioni sul futuro prossimo che attraversano la coalizione, grandi e piccoli partiti compresi. Ma insieme si è deciso che la priorità fosse quella di mostrare compattezza, anche perché si è ancora al primo tempo di questa partita e, almeno per ora, un punto su cui sono tutti d’accordo c’è: no al Conte Ter, via l’avvocato del popolo da Palazzo Chigi. Al Colle salgono in tredici, la delegazione più nutrita di queste consultazioni. Giorgia Meloni, reduce da un piccolo infortunio, cammina con le stampelle e scherza: “Diremo no a un governo zoppo…”. Sanno che nell’aria c’è profumo di incarico esplorativo a Roberto Fico e al capo dello Stato provano a dire che invece la palla dovrebbe passare alla seconda carica dello Stato, Elisabetta Alberti Casellati, giacché è al Senato che ci sono i veri problemi di numeri. Alla fine, a leggere la dichiarazione comune è Matteo Salvini che, comunque, ammette: “Ci abbiamo lavorato tutti insieme e abbiamo limato il testo”.
Le notizie sono in testa e in coda alle parole pronunciate dal leader della Lega. Punto primo: “Al presidente della Repubblica è stata confermata la richiesta di valutare l’ipotesi di scioglimento delle Camere e del ricorso a elezioni”. Punto secondo: “Tutti i componenti della delegazione hanno escluso la possibilità di qualsiasi appoggio alla riedizione della stessa maggioranza, che sarebbe ancor più debole qualora fosse garantita da singoli voltagabbana”. Punto terzo: “Tutti i componenti si sono riservati, ove non si andasse a elezioni, di valutare con il massimo rispetto ogni decisione che spetta costituzionalmente al Capo dello stato all’esito delle consultazioni in corso”.
Raccontano che si è discusso soprattutto su come strutturare il comunicato, cosa mettere prima e cose mettere dopo. Alla fine, anche grazie alla mediazione di Salvini e Berlusconi, è nato il comunicato che tiene conto non solo della richiesta di votare ma anche della sensibilità che attraversa tutti i partiti, tranne Fratelli d’Italia, a favore di governi di unità nazionale o comunque ‘allargati’. Insomma, a prevalere è stata la necessità di tenere tutti assieme, anche perché spaccarsi proprio ora, vista la situazione della (ex) maggioranza, sarebbe stato davvero incomprensibile. Restano, tuttavia, tutte le differenze di visione. Pronte a riemergere, non c’è dubbio, se davvero il Conte ter dovesse finire definitivamente in un cassetto. askanews