Un codice sommerso e un sistema sanzionatorio, in grado di pilotare concorsi e bandi. Una “associazione a delinquere”, “con a capo il rettore dell’universita’ di Catania ed il suo predecessore”, rispettivamente Francesco Basile e Giacomo Pignataro, “finalizzata a commettere un numero indeterminato di reati”.
E che coinvolgeva docenti di 14 atenei italiani. Dieci professori sospesi a Catania, fra cui un rettore e un ex rettore, quaranta complessivamente gli indagati e decine le perquisizioni. E’ il bilancio dell’inchiesta “Universita’ bandita” condotta dalla Digos di Catania e coordinata dalla procura etnea, che ha disposto per nove professori dell’universita’ di Catania con posizione apicale, e per il rettore Francesco Basile, la sospensione con procedimento di interdizione dai pubblici uffici, tutti ritenuti responsabili di associazione a delinquere nonche’, a vario titolo, di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, induzione indebita a dare o promettere utilita’, falsita’ ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, turbata liberta’ del procedimento di scelta del contraente, abuso d’ufficio e truffa aggravata.
Un’associazione a delinquere, volta “ad alterare il naturale esito dei bandi di concorso” per il conferimento degli assegni, delle borse e dei dottorati di ricerca; per l’assunzione del personale tecnico-amministrativo; per la composizione degli organi statutari dell’Ateneo (Consiglio d’amministrazione, Nucleo di Valutazione, Collegio di Disciplina); per l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti universitari. Su questo ultimo aspetto, spiegano gli inquirenti, il “sistema delinquenziale” non e’ ristretto all’universita’ etnea ma si estende ad altri atenei italiani, i cui docenti, nel momento in cui sono stati selezionati per fare parte delle commissioni esaminatrici, si sarebbero sempre preoccupati di “non interferire” sulla scelta del futuro vincitore “compiuta preventivamente favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui non fosse meritevole”.
Allo stato, il gip ha riconosciuto l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di 40 indagati coinvolti nella richiesta cautelare avanzata da questo ufficio. Le indagini hanno documentato l’esistenza di un vero e proprio codice di comportamento “sommerso” operante in ambito universitario secondo il quale gli esiti dei concorsi “devono essere predeterminati dai docenti interessati, nessuno spazio deve essere lasciato a selezioni meritocratiche e nessun ricorso amministrativo puo’ essere presentato contro le decisioni degli organi statutari”.
Le regole del codice hanno, altresi’, un preciso “apparato sanzionatorio” e le violazioni sono punite con ritardi nella progressione in carriera o esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico. Il gip parla di “estrema pericolosita’” e “piena consapevolezza” delle “gravi illiceita’” commesse dal gruppo spinto “da finalita’ diverse dalla buona amministrazione e volto, al contrario, alla tutela degli interessi di pochi privilegiati che condividono le condotte criminali dell’associazione a delinquere”, emergono inoltre dalle raccomandazioni dei sodali di “non parlare telefonicamente” o dalla volonta’ palesata di effettuare delle preventive “bonifiche” degli uffici pubblici per ridurre il rischio di indagini e accertamenti nei loro confronti. Il provvedimento interdittivo e’ stato emesso sulla base della attivita’ di indagine condotta dal giugno 2016 al marzo 2018 e interessa,oltre al rettore Basile e al predecessore Pignataro, i professori Giuseppe Sessa (Medicina), Filippo Drago (Medicina), Carmelo Monaco (Agraria), Giancarlo Magnano di San Lio (Filosofia), Giuseppe ‘Uccio’ Barone (Scienze politiche), Michela Maria Bernadetta Cavallaro (Economia), Giovanni Gallo (Matematica), e Roberto Pennisi (Giurisprudenza). L’operazione ha consentito di accertare l’esistenza di 27 concorsi truccati: 17 per professore ordinario, 4 per professore associato, 6 per ricercatore.