di Barbara Acquaviti
Ma e’ anche la posizione del capogruppo alla Camera, Renato Brunetta. Il quale – raccontano – in questi ultimi giorni avrebbe fatto infuriare Berlusconi in persona per due motivi: l’attacco a Vespa e le critiche al Tg5 di Mimun. Altro esponente dell’asse del Nord, con Maria Stella Gelmini, e’ l’altro capogruppo, Paolo Romani. Fino a poco tempo fa considerato vicino al sentire delle aziende, decide di non commentare l’intervista del presidente di Mediaset. Anche per lui in queste ore si registrano tensioni con il ‘board’ dei fedelissimi. Le dimissioni di Maria Rosaria Rossi da tesoriera, primo atto del ‘ripulisti’ del (ex) cerchio magico, rischia infatti di creare qualche problema nel gruppo del Senato di cui e’ presidente giacché e’ previsto che sia proprio lei ad occuparsi dei bilanci e che – pare – abbia intenzione di andare a controllare ogni virgola. La sensazione, insomma, tra i big azzurri e che l’obiettivo sia quello di azzerare tutta la classe dirigente, soprattutto chi – e’ il ragionamento – ha cominciato anzitempo a pensare al dopo Berlusconi mentre lui doveva ancora essere operato.
Ecco spiegato il perché di tanto nervosismo, o di certi silenzi eloquenti. Insomma, due anime in conflitto. Strategie divergenti tra la prima fila del partito e quella dell’azienda. Anche perché diverso e’ il nemico che viene individuato: se per i primi e’ Renzi, per l’azienda – e Confalonieri lo dice chiaramente – e’ il M5s. Una frase piu’ di tutti in quell’intervista e’ significativa: “I limiti che vogliono mettere alle televisioni – argomenta il presidente di Mediaset – sono incredibili, potremmo avere il 10%di un canale e basta”. In quest’ottica di salvaguardia delle aziende, dunque, ci sono gli ‘annusamenti’ con Renzi. Che, pero’, per essere completi, dovrebbero passare anche da una modifica della legge elettorale con il premio alla coalizione invece che alla lista. Cosa che agevolerebbe la riunificazione dei moderati e dunque anche di un centrodestra a trazione non lepenista. Uno scenario che sarebbe valido anche – e a maggior ragione – se il referendum di ottobre dovesse fallire. In quel caso, come Berlusconi ha detto piu’ volte, un governo di unita’ nazionale sarebbe necessario. Pare che il Cavaliere abbia anche in testa il nome di chi potrebbe guidarlo. E non e’ certo una sorpresa: Giuliano Amato.