Luigi Di Maio ha accolto ieri sera a Roma, al fianco del presidente del Consiglio Mario Draghi e del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, le salme di Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci, uccisi in un agguato a un convoglio del Programma alimentare mondiale nella Repubblica democratica del Congo. ‘E’ stato straziante’, dirà poche ore dopo nell’Aula di Montecitorio, dove il ministro si è presentato per una doverosa informativa sui tragici eventi che hanno determinato la morte dell’ambasciatore italiano e del carabiniere che lo accompagnava e proteggeva. Il ricordo del ministro è accolto con un applauso convinto, prolungato, sia alla Camera che in Senato. La voce di Di Maio è rotta dall’emozione in diverse fasi della sua ricostruzione. Sull’agguato, la sua dinamica e le eventuali responsabilità stanno già indagando i carabinieri del Ros, arrivati a Goma su impulso della Procura. Perché se la ricostruzione dei fatti al momento non può che essere parziale e frammentata, una cosa è certa: ‘ai nostri caduti dobbiamo la verità’. Il ‘sacrificio’ dei due italiani, intanto, sarà onorato con funerali di Stato, che dovrebbero avere luogo domani nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli a Roma.
L’OBBLIGO DELLA VERITA’: PRESSIONI SU ONU E AUTORITA’ CONGO
Prima alla Camera e poi al Senato, Di Maio ha confermato che nessuno sforzo sarà risparmiato per arrivare alla verità sulla tragica fine di Attanasio, Iacovacci e sull’autista del Pam, Mustapha Milambo. ‘Dal Programma alimentare mondiale ci attendiamo l’invio di un approfondito rapporto con ogni utile elemento relativo al programma della visita e le misure di sicurezza adottate a salvaguardia della delegazione’, ha spiegato il ministro. ‘Al Pam e all’Onu abbiamo chiesto formalmente l’apertura di un’inchiesta che chiarisca quanto accaduto, le motivazioni alla base del dispositivo di sicurezza utilizzato e in capo a chi fossero le responsabilità di queste decisioni. Abbiamo anche spiegato che ci aspettiamo, nel minore tempo possibile, risposte chiare ed esaustive’.
A questo proposito, la missione Monusco dell’Onu ha già avviato un’indagine, mentre il segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni è stata incaricata di rimanere in ‘contatto costante’ con il direttore esecutivo del Pam per avere notizie sulla dinamica di quanto accaduto. Risposte precise sull’agguato l’Italia attende anche dalle autorità locali. ‘Ho avuto una conversazione telefonica con la ministra degli Esteri congolese nella stessa giornata dell’accaduto. Ho subito sottolineato la necessità di fare piena luce sulle dinamiche e le responsabilità dell’attentato’, ha confermato Di Maio. ‘Le autorità di Kinshasa, sollecitate anche da Guterres a indagare rapidamente e portare i responsabili davanti alla giustizia, hanno assicurato piena collaborazione con la magistratura italiana’, ha aggiunto.
IL CONVOGLIO DEL PAM: GLI ITALIANI AFFIDATI AL PROTOCOLLO ONU
L’ambasciatore Attanasio e il carabiniere Iacovacci si trovavano nei pressi della città di Goma, su invito del Pam, per visitare i campi di intervento umanitario e in particolare un programma alimentare per le scuole nel Nord e Sud Kivu, nonché per svolgere una missione consolare a Goma e Bukavu, dove si contano circa un centinaio di connazionali. Chiaramente erano arrivati da Kinshasa, che dista circa 2.500 chilometri. ‘L’ambasciatore e il carabiniere si sono quindi affidati al protocollo delle Nazioni Unite, che li ha presi in carico fin da Kinshasa, su un aereo della missione Onu Monusco, per il viaggio fino a Goma’, ha ricordato Di Maio, confermando che ‘in qualità di capo missione, l’ambasciatore Luca Attanasio aveva piena facoltà di decidere come e dove muoversi all’interno del Paese’. La missione in questione ‘si è svolta su invito delle Nazioni Unite, quindi anche il percorso in auto si è svolto nel quadro organizzativo predisposto dal Programma alimentare mondiale’, ha insistito Di Maio, che ha ‘immediatamente chiesto al Pam a Roma e alle Nazioni Unite, interessando direttamente il segretario generale Guterres, di fornire un rapporto dettagliato sull’attacco al convoglio del Programma alimentare mondiale’.
LA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO: PAESE A RISCHIO ALTO
L’agguato ha evidenziato il tema della sicurezza di alcuni paesi in cui operano i nostri diplomatici e i nostri militari. La Farnesina, a livello interno, nell’ambito delle costanti attività di prevenzione e mitigazioni del rischio per il personale diplomatico-consolare all’estero, classifica la Repubblica democratica del Congo in terza fascia di rischio su quattro. ‘Ciò denota un livello di minaccia alto’, ha precisato Di Maio, ricordando che ‘la sicurezza dell’ambasciata a Kinshasa è affidata a due carabinieri in missione quadriennale, ai quali si aggiungono due carabinieri in missione di tutela che si alternano regolarmente per periodi di 180 giorni’. Il carabiniere ‘Iacovacci rientrava in questa seconda tipologia’ e ‘per questo aveva accompagnato l’ambasciatore nella missione Onu a Goma e aveva con sé la pistola d’ordinanza’, ha confermato il titolare della Farnesina, che poi ha voluto sottolineare come, ‘a differenza di quanto riportato da alcuni organi di stampa’, l’ambasciata sia dotata di ‘due vetture blindate, con le quali l’ambasciatore si spostava in città e per missioni nel Paese, sempre accompagnato da almeno un carabiniere a tutela’.
A PRIMA RICOSTRUZIONE DELL’AGGUATO
La mattina del 22 febbraio, tra le 10 e le 11 locali, il convoglio del Pam su cui viaggiavano l’ambasciatore e il carabiniere è stato attaccato da uomini dotati di armi leggere, verosimilmente presso Kibumba, a circa 25 km da Goma, nel Governatorato di Kivu Nord, mentre percorreva la strada N2 in direzione di Rutshuru, ha detto il ministro. L’ambasciatore era arrivato a Goma venerdì 19 con un aereo della missione Onu Monusco. In base alle prime ricostruzioni, che devono essere sottoposte al vaglio degli inquirenti, la prima autovettura del convoglio del Pam, su cui viaggiavano le vittime, sarebbe stata oggetto di colpi di arma da fuoco. Di questo convoglio facevano parte, oltre all’ambasciatore e al carabiniere uccisi, anche cinque membri del Pam, tra cui il vice direttore per il Congo, Rocco Leone.
GLI ASSALITORI: SEI UOMINI CON ARMI LEGGERE
Il convoglio è stato attaccato alle 10:15 all’altezza del villaggio di Kanya Mahoro, nei pressi di una località denominata ‘Tre Antenne’. ‘Il gruppo di assalitori, formato da 6 persone, avrebbe costretto i mezzi a fermarsi ponendo ostacoli sulla strada e sparando alcuni colpi di armi leggere in aria’. Queste ipotesi – ha spiegato Di Maio – potrebbero essere avvalorate anche dal contenuto di un video nel quale si intravedono le fasi iniziali dell’evento con gli spari degli aggressori e la gente che getta a terra moto e biciclette con tutto il carico per allontanarsi.
GLI SPARI: L’UCCISIONE DELL’AUTISTA DEL PAM
Il governatore del Nord Kivu, ha ricordato Di Maio, ha confermato che ‘i sei assalitori, dopo aver sparato colpi in aria e bloccato il convoglio, hanno ordinato ai passeggeri di scendere dai veicoli’. Il rumore degli spari ha allertato i soldati delle Forze Armate congolesi e i ranger del parco Virunga che, trovandosi a meno di un chilometro di distanza, si sono diretti verso il luogo dell’evento. Il governatore ha aggiunto che ‘per costringere le loro vittime a lasciare la strada ed entrare nella boscaglia, gli assalitori hanno ucciso l’autista del Pam’, ha spiegato ancora il ministro in Parlamento.
IACOVACCI UCCISO NELLA FORESTA, ATTANASIO FERITO
In base alle prime ricostruzioni, ha proseguito Di Maio, ‘gli assalitori avrebbero poi condotto il resto dei membri nella foresta’. ‘Poco distante dal luogo dell’evento era appunto presente una pattuglia di Ranger dell’Istituto Congolese per la Conservazione della Natura, di stanza presso il vicino parco di Virunga e un’unità dell’Esercito, che avrebbero cercato di recuperare i membri del convoglio. Nelle fasi immediatamente successive, secondo quanto dichiarato dal ministero dell’Interno congolese, nel momento in cui la pattuglia di Ranger ha intimato agli assalitori di abbassare le armi – o semplicemente ha mostrato le armi al seguito -, questi ultimi avrebbero aperto il fuoco contro il militare dell’Arma dei Carabinieri, uccidendolo, e contro l’ambasciatore italiano, ferendolo gravemente’.
LA CORSA VERSO L’OSPEDALE MONUSCO: LA MORTE DELL’AMBASCIATORE
La pattuglia di Ranger e l’Unità dell’Esercito, secondo la ricostruzione fatta da Di Maio, ‘successivamente avrebbero evacuato l’Ambasciatore italiano presso l’ospedale Monusco di Goma, dove sarebbe avvenuto il decesso a causa delle ferite riportate nell’attacco’. ‘A riguardo’, ha specificato ancora il titolare della Farnesina, ‘il responsabile del convoglio avrebbe negoziato con gli assalitori per allontanarsi dall’area e portare i feriti in una zona sicura’. E qui, ha aggiunto Di Maio, ‘si fermano le informazioni fino ad ora raccolte e che andranno naturalmente verificate dalle indagini in corso da parte della Procura della Repubblica’.
L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI ROMA: I ROS A GOMA
Sulla dinamica dell’agguato ‘sono sono in corso accertamenti anche da parte della Procura della Repubblica di Roma’. ‘Una squadra dei nostri carabinieri del Ros, su delega della Procura, si è già recata a Goma per una prima missione investigativa. E mi risulta che ne seguiranno altre’, ha detto Di Maio, senza entrare nei dettagli, ma aggiungendo che anche le autorità congolesi hanno annunciato piena collaborazione. Lo stesso presidente Félix Antoine Tshisekedi Tshilombo, che ha reso visita alla vedova del nostro ambasciatore, ‘ha condannato con la più grande fermezza l’attacco’.
LA SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE
Il barbaro agguatro contro i nostri connazionali ha generato nei partner internazionali solidarietà e profonda commozione. Di Maio, che quando ha ricevuto la notizia dell’attacco stava partecipando al Consiglio Affari Esteri, la subito lasciato la riunione con i suoi omologhi europei ‘per rientrare in Italia’. ‘A Bruxelles, ho raccolto l’unanime solidarietà dei colleghi europei e dell’Alto Rappresentante Borrell’, ha confermato, precisando anche di avere ricevuto ‘una telefonata dal segretario di Stato americano Blinken’. Il capo della diplomazia di Washington ‘mi ha espresso le condoglianze dell’amministrazione americana per la perdita di un ambasciatore che – mi ha detto testualmente – ‘lavorava per la democrazia, i diritti umani e la pace”, ha detto.
LE ‘CONTRADDIZIONI’ DEL CONGO E LA COOPERAZIONE ITALIANA
L’agguato ha avuto luogo in una regione dal contesto di sicurezza ‘assai fragile’, in ‘un paese che incarna alcune delle contraddizioni del continente africano: enormi ricchezze naturali, povertà e violenza’, ha ricordato Di Maio. Il Congo ha la seconda riserva di rame al mondo, un quarto dell’oro globale, un terzo dei diamanti, l’80% di cobalto e coltan, minerali sempre più ricercati per cellulari e batterie. ‘Ma è uno dei fanalini di coda per indice di sviluppo umano’ e ‘si calcola che siano oltre 13 su 99 i milioni di congolesi in situazione di grave precarietà’. L’Italia è intervenuta nel Paese con ‘mirati progetti della nostra cooperazone, soprattutto nei settori dell’agricoltura, dei trasporti, della sanità e dell’approvvigionamento idrico’. Allo stato attuale, inoltre, è attiva un’iniziativa in Nord Kivu incentrata su salute materno-infantile e protezione delle persone più vulnerabili. Recentemente è stato anche autorizzato un contributo al Pam per un progetto non ancora avviato sulla sicurezza alimentare. Quello italiano, ha detto Di Maio, è insomma ‘un impegno di lunga data’.
LE CONDIZIONI DI SICUREZZA: I GRUPPI ARMATI ATTIVI NEL PAESE
Nella regione orientale del Paese ‘si contano oltre 120 gruppi armati, proliferano autorità paramilitari e forze ribelli, che da decenni si contendono il controllo del territorio, alimentando un’economia informale di guerra che vive dello sfruttamento illegale delle risorse minerarie, di contrabbando ed estorsioni’, ha spiegatoi Di Maio. In questa parte del Congo agiscono le Forze deocratiche di liberazione del Ruanda, che ‘hanno perso l’originaria potenza militare ma stanno riorganizzandosi grazie all’alleanza con altre milizie’. E sempre di origine Hutu è il cosiddetto ‘Collettivo dei Movimenti per il Cambiamento’, mentre nell’intento di difendere la popolazione locale si ergono movimenti come ‘Mai Mai, milizie di cosiddetti patrioti’. ‘Le ripetute incursioni delle Forze democratiche alleate, principale gruppo ribelle di origine ugandese, hanno inoltre provocato massicci spostamenti di popolazione’, ha proseguito Di Maio, ricordando che si contano ad oggi circa cinque milioni di sfollati interni, due milioni solo in Nord Kivu. Solo nel 2020, inoltre, si è registrato ‘un numero record di 2.000 persone uccise nelle province orientali’, quasi esclusivamente per mano dei gruppi armati.
UNA POLITICA PER L’AFRICA
Il miglior modo per onorare la morte di Attanasio e Iacovacci è rafforzare la nostra attenzione politica nei confronti del continente africano, ha sottolineato Di Maio. ‘Una politica che rimetta l’Africa al centro della politica italiana, europea e internazionale: è questo l’impegno in cui credeva Luca e in cui crediamo. Un continente attraversato da conflitti endemici e che necessita di un accresciuto impegno internazionale per giungere a una pacificazione e a una stabilizzazione duratura. Ma anche un continente giovane e ricco di opportunità e di talenti, accomunato a noi da interessi reciproci e da una comune ricerca di uno sviluppo che tenga conto della dimensione dell’inclusione sociale’.