Risolta, in modi e tempi inaspettati, la questione dell’allargamento a Ucraina e Moldavia, è il bilancio l’altro nodo rimasto da sciogliere per il Consiglio europeo (e per Giorgia Meloni). Il summit oggi ha dato via libera all’avvio dei negoziati per l’ingresso di Ucraina e Moldavia, concedendo allo stesso tempo lo status di candidato alla Georgia e decidendo che l’Ue avvierà i negoziati con la Bosnia-Erzegovina una volta raggiunto il necessario grado di conformità ai criteri di adesione. La decisione è arrivata a sorpresa visto il ‘no’ a Kiev dell’Ungheria, espresso anche oggi da Viktor Orban.
Dal momento che, però, l’allargamento richiede il voto all’unanimità è stata trovata una soluzione inedita: al momento del voto Orban ha lasciato la sala “in spirito costruttivo”, senza delegare nessuno ma di fatto decidendo di non bloccare la votazione. Pur ribadendo, su X, che quella di aprire la porta all’Ucraina è “una pessima decisione”. Per il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel è un “momento storico” mentre Volodymyr Zelensky (che stamani si era collegato con il summit per un ultimo appello) parla di “vittoria dell’Ucraina e vittoria di tutta l’Europa”. Anche la presidente del Consiglio – che questa mattina aveva visto Orban – esprime “grande soddisfazione” per “un risultato di rilevante valore per l`Unione Europea e per l’Italia” che in un “negoziato complesso” ha “giocato un ruolo di primo piano nel sostenere attivamente sia Paesi del Trio orientale sia la Bosnia Erzegovia e i Paesi dei Balcani occidentali”.
Chiuso il dossier allargamento, adesso l’altro scoglio da superare è quello della revisione del Quadro finanziario pluriennale. Tra le priorità indicate dall’Italia ci sono, oltre ai fondi per il sostegno all’Ucraina, il potenziamento dell’industria europea e soprattutto risorse aggiuntive adeguate per attuare il nuovo Patto asilo e migrazione e investire nelle collaborazioni con i Paesi del vicinato Sud. Sul tema migranti – secondo quanto si apprende – Michel avrebbe messo sul piatto un ulteriore miliardo di euro. La trattativa è però ancora in salita. Il bilancio è stato il primo tema all’ordine del giorno oggi, ma dopo due ore di discussione i leader hanno deciso di sospendere il confronto, rimandando al lavoro degli sherpa la ricerca di un accordo. In serata una riunione tra Michel, von der Leyen, Italia, Francia, Germania e Paesi “frugali” – Paesi Bassi, Finlandia, Svezia – non è stata ancora sufficiente a sbloccare la situazione.
Sulle risorse (ma anche sul Patto di stabilità, non all’ordine del giorno ufficiale del vertice) Meloni ha bisogno di ‘sponde’ per far passare la linea italiana, o almeno per fare dei passi avanti. Anche per questo la notte scorsa la premier ha avuto un incontro di oltre due ore con il presidente francese Emmanuel Macron, a cui per circa mezz’ora si è aggiunto il cancelliere tedesco Olaf Scholz. I tre si sono confrontati in una saletta dell’hotel del centro in cui soggiornano. Nessuna indiscrezione sui contenuti. Il solo Macron, incrociando i giornalisti, ha parlato di “ottima discussione” mentre da Palazzo Chigi non sono filtrati commenti, salvo la rivendicazione del ‘metodo’ Meloni per cui “fare politica estera vuol dire parlare con tutti”, come detto da lei stessa in Parlamento.