Politica

Consulta, permessi anche ai mafiosi all’ergastolo. Bonafede a lavoro per le conseguenze

Anche i mafiosi all’ergastolo potranno accedere ai permessi premio, pure se non collaborano con la giustizia, ma a condizione che sia provato che abbiano reciso i loro legami con la criminalita’ organizzata e purche’ sia dimostrata la loro partecipazione al percorso rieducativo. La loro pericolosita’ non sara’ piu’ presunta dalla legge, ma andra’ verificata, caso per caso, dai magistrati di sorveglianza, come avviene per tutti gli altri detenuti.

Cade dunque il divieto assoluto per gli ‘ergastolani ostativi’ di accedere a permessi premio durante la detenzione. La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualita’ della partecipazione all’associazione criminale sia, piu’ in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalita’ organizzata. Sempre che, ovviamente, spiega Palazzo della Consulta, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo.

La Consulta ha preso la sua decisione nel corso della camera di consiglio di oggi in cui ha esaminato le questioni sollevate dalla Corte di cassazione e dal tribunale di sorveglianza di Perugia. In entrambi i casi, si trattava di due persone condannate all’Ergastolo per delitti di mafia. La Corte, pronunciandosi nei limiti della richiesta dei giudici rimettenti, ha quindi sottratto la concessione del solo permesso premio alla generale applicazione del meccanismo ‘ostativo’ (secondo cui i condannati per i reati previsti dall’articolo 4 bis che dopo la condanna non collaborano con la giustizia non possono accedere ai benefici previsti dall’ordinamento penitenziario per la generalita’ dei detenuti).

In virtu’ della pronuncia dei ‘giudici delle leggi’, che nelle prossime settimane depositeranno la loro sentenza con le motivazioni, la presunzione di ‘pericolosita’ sociale’ del detenuto non collaborante non e’ piu’ assoluta ma diventa relativa e quindi puo’ essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del carcere nonche’ sulle informazioni e i pareri di varie autorita’, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Una pronuncia di grande impatto, perche’ non riguarda solo i 1.250 condannati all’ergastolo ostativo, ma anche chi sta scontando pene minori per mafia, terrorismo, violenza sessuale aggravata, corruzione e in generale i reati contro la pubblica amministrazione. Tutti reati che sino ad oggi impedivano la concessione di qualunque beneficio penitenziario nel presupposto della pericolosita’ sociale del condannato.

LE REAZIONI

Il Guardasigilli Alfonso Bonafede, non appena appresa la notizia della sentenza della Consulta, ha immediatamente dato impulso agli uffici del ministero di mettersi subito al lavoro per analizzare le possibili conseguenze. “La questione ha la massima priorita’” ha detto, come riferiscono fonti di via Arenula.

“Sono di questo avviso anch”io: credo che la sentenza europea vada nella giusta direzione”. Lo ha detto Silvio Berlusconi, parlando con i giornalisti ad Assisi, merito alla decisione della Corte Costituzionale che avalla la decisione della Cedu.

“E’ una sentenza che grida vendetta e lo dico in nome delle vittime della mafia e del terrorismo”. Cosi’ Matteo Salvini, in diretta Facebook, ha commentato la caduta del divieto assoluto agli ‘ergastolani ostativi’ di accedere a premessi premio durante la detenzione. “O e’ una sentenza che possiamo provare a cambiare o va cambiata la costituzione, se questa ne e’ l’interpretazione – ha aggiunto il segretario leghista – Vediamo di capire con i nostri uffici di Camera e Senato se sia possibile fare ricorso”.

“Qualcuno sostiene che con il carcere duro si ledono diritti umani, ma noi non siamo d’accordo. Se abbiamo leggi dure contro la mafia e’ perche’ siamo in guerra. Rispettiamo la sentenza della Corte ma come Movimento Cinque Stelle faremo una battaglia perche’ chi e’ in galera con il carcere duro ci rimanga”. Lo afferma il ministro degli Esteri e capo politico dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, in una iniziativa elettorale.

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