Tutti sul cavallo di Troika. E i piccoli Tsipras crescono

Alberto Di Majo

Più che economico l’ormai tanto temuto “contagio” con la Grecia potrebbe essere politico. La vittoria dei no ad Atene rilancia gli anti-Renzi. Loro non hanno vinto niente, anzi in Italia sono relegati in uno spazio marginale della scena. Tuttavia, galvanizzati dalla rivincita del popolo greco nei confronti dei tedeschi (e del resto d’Europa), sono pronti a scendere in campo. Insomma, piccoli Tsipras crescono. Il più attivo è il leader della Fiom Maurizio Landini, che ieri ha partecipato a una conferenza stampa con gli altri sindacati dei metalmeccanici europei. Ha tuonato: “In Italia non c’è stato nessun processo democratico di discussione su ciò che ci ha chiesto la Bce”. Nel mirino c’è soprattutto la lettera spedita al governo italiano nel 2011: “A nessuno è venuto in mente di chiedere se il popolo fosse d’accordo con le richieste contenute nella lettera. Per questo, credo, che vada aperto un processo democratico, perché quelle misure ci stanno facendo tornare indietro, il debito è più alto, la disoccupazione è aumentata, la precarietà è a livelli di prima”. Beppe Grillo non è stato da meno. Dopo aver “parlato” con la statua di Temistocle, che il comico ha definito “il primo populista della storia dell’umanità”, è tornato alla carica, pubblicando sul suo blog un articolo di Aldo Giannulli: “È giusto godere di questo momento di vittoria, ma non è il caso di lasciarsi andare a facili entusiasmi: qui si è vinta una battaglia, ma la guerra continua”.

Due giorni fa il comico genovese, arrivato ad Atene con una quarantina di esponenti del MoVimento 5 Stelle, aveva suonato la carica: “Potere al popolo, non alle banche!”. Gongola anche Sel. Nichi Vendola fa un bilancio. “Ci sono due grandi sconfitti nella vicenda del referendum in Grecia: le forze conservatrici che si riconoscono nel Ppe e nella guida della signora Merkel ma anche le forze della sinistra moderata che si riconoscono nel Pse”. L’ex governatore propone a Renzi di “riscattarsi” con una conferenza europea sul debito e sui trattati. Ma non fa sconti: “Lasciamo perdere le polemiche di giornata, anche se ancora brucia l’immagine di Renzi, unico leader europeo che va dalla Merkel e sceglie un campo, contro il popolo greco e vorrei dire anche contro il popolo italiano”. Per il resto “il referendum manda un messaggio preciso all’Europa: il vecchio Continente si può salvare, a condizione che ci sia una svolta politica”. Ecco perché “Renzi – ha insistito Vendola – ha l’occasione per riscattarsi rispetto alle immagini un po’ penose viste in questi giorni in tv: proponga una conferenza europea sul debito e sulla rinegoziazione dei trattati. Abbiamo la necessità di fare un passo politico in avanti sulla strada dell’Europa. Un passo politico serio in avanti sarebbe dare più poteri alla Bce, renderla pagatore di ultima istanza, impedire alle banche in generale di essere gli usurai che drenano le risorse che vengono messe a disposizione, presuntamente, dei popoli indebitati”.

Insomma, “oggi è il momento di agire per la politica, di far tacere le oligarchie finanziarie, di rimettere al centro del progetto europeo la politica”. Non le mandano a dire Giorgia Meloni (FdI) e Matteo Salvini (Lega). “L’insegnamento del voto greco è che i popoli hanno capito che l’Unione europea della Merkel e dei tecnocrati ha arricchito la Germania e gli usurai e ha prodotto disoccupazione e povertà in tutto il resto d’Europa. È ora di dire basta anche in Italia” accusa l’ex ministro. Mentre il leader leghista invidia Tsipras: “Ha fatto bene a fare un referendum, a far decidere ai cittadini greci. Io lo invidio perché la nostra democraticissima Costituzione impedisce i referendum sui trattati internazionali”. C’è anche chi esagera. Come il capogruppo del M5S alla Regione Veneto: “In Grecia ha deciso il popolo. Anche questa volta Davide ha sconfitto Golia, i cittadini hanno sconfitto le banche. E lo hanno fatto attraverso la democrazia diretta, il fondamento del MoVimento che rappresentiamo e che abbiamo portato in Regione Veneto” dice Jacopo Berti. Ora, ha aggiunto, tocca alla “società veneta decidere sulla propria autonomia”.

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