In settimana chiederà agli iscritti al MoVimento Cinquestelle di confermarlo capo del partito. Un’ennesima chiamata al click su Skyvote e che dura da nove mesi, tra stop and go, e che a oggi ha prodotto un presidente “sospeso”, una leadership, quella di Giuseppe Conte, mai decollata e non ultimo, un partito che viaggia in picchiata nei sondaggi. Un fatto è certo, almeno per l’ex premier, che “i nostri iscritti sono chiamati costantemente, continuativamente a esprimere un voto”. Come dire “è una grandissima possibilità offerta a tutti di democrazia diretta e partecipata”. Una democrazia diretta, aggiungiamo noi, che tuttavia sembra sempre più distaccarsi dal movimento ogni qual volta è chiamata a esprimersi. Come ha certificato il voto sul nuovo statuto del partito della scorsa settimana, dove nella prima giornata non è stato neanche raggiunto il quorum, mentre nella seconda, la partecipazione, dai numeri, non e’ stata massiccia: gli aventi diritto erano 125.200, i votanti sono stati 38.735, quindi il 30 per cento. Vuol dire che al 70 per cento non gliene fregava nulla.
Se a ciò aggiungiamo che i pentastellati a giorni saranno chiamati a votare un solo candidato alla presidenza del partito, per dirla con Enrica Sabatini, “se ottieni la leadership solo perché hai fatto in modo di essere l’unico a concorrere, è ovvio che la tua guida verrà sempre messa in discussione”. Già, Enrica Sabatini, ovvero, colei che gestì insieme a Gianroberto Casaleggio la famosa piattaforma Rousseau, oggi compagna del figlio Davide, che in un libro di recente pubblicazione spiega il complesso e non meglio chiarito meccanismo della piattaforma stessa. Quasi una sorta di spystory, tra marchingegni e sotterfugi gestiti da forze innominabili ed innominate, che avrebbero accresciuto il proprio potere all’interno del movimento, facendo fuori gente del calibro di Alessandro Di Battista. In sostanza, “Lady Rousseau”, la donna che nel suo libro piccona i 5stelle, mette in dubbio la trasparenza sul voto e sulle candidature.
Intanto, la regola sul tetto sul doppio mandato, continua a essere glissata da Conte. “Chiaramente in una prospettiva di rilancio del Movimento si sta discutendo se sia il caso di modificarla in parte o meno – dice il presidente ‘sospeso’ del M5S-. Dopo le amministrative ci consulteremo con la base, perché la nostra forza è la base”. Non dare deroghe al terzo mandato significherebbe suicidarsi politicamente, perché a prescindere della riduzione dei parlamentari che scatterà nella prossima legislatura, la vera domanda è: chi porterebbe i voti al partito se non si darà un salvacondotto ai 66 eletti della prima ora che entrarono in Parlamento nel 2013, tra cui spiccano Di Maio ma anche tanti altri della prima linea pentastellata, Taverna, Fico, Crimi e Fraccaro, per fare un esempio?