Giuseppe Conte e Matteo Renzi si “studiano” a distanza, cercando di prevedere le prossime mosse. Nessuno, a parole, mette veti, ma ancora non si vedono segnali concreti di un possibile nuovo dialogo, che del resto crea non poche tensioni, soprattutto nel M5s. Ma l’ipotesi di una “tregua”, sottotraccia, non è più esclusa da nessuno. Conte oggi è stato al lavoro nel suo ufficio. Il calendario delle consultazioni gli ha regalato un paio di giorni di tempo per cercare di far decollare l’operazione “volenterosi”, che però al momento langue. Se infatti al Senato sono stati raggiunti i numeri per costituire il gruppo “Europeisti Maie-Centro democratico”, nella maggioranza non si registrano nuovi arrivi rispetto ai senatori che hanno votato l’ultima fiducia. Al conto ne mancano ancora 7 e anche se le trattative sono sempre in corso, nessuno al momento è venuto allo scoperto. Dunque i voti di Iv potrebbero, alla fine, rivelarsi determinanti e necessari per un eventuale “ter”. Peraltro, con la nascita di una nuova “gamba”, i renziani potrebbero avere minore peso e forza contrattuale. L’appello lanciato ieri via Facebook dal premier a “tutte le forze “europeiste” e che “hanno a cuore le sorti della Repubblica” per formare un governo “di salvezza nazionale” viene da alcuni letto come una parziale apertura ai renziani, anche se quel “mai più con Renzi” fatto trapelare dopo la rottura non è stato ancora modificato.
“Però il quadro è in costante divenire – dicono fonti parlamentari vicine all’avvocato -, il passato non può essere dimenticato, ma con Iv abbiamo lavorato bene. C’è la consapevolezza che in questa fase veti non ce ne possono essere, da parte di nessuno”. E mentre Nicola Zingaretti schiera il Pd per il Conte ter ma senza nessun veto a Renzi, anche il leader di Italia viva studia la situazione sul terreno. Dopo le dimissioni del premier, ha accarezzato l’idea di arrivare a ricreare la maggioranza Pd-M5s-Iv-Leu (con l’aggiunta dei responsabili) ma senza Conte. La strategia, spiega chi ci ha parlato, in questo caso sarebbe quella di lanciare sul tavolo, in un eventuale secondo giro di consultazioni, un nome nuovo, in grado di “sparigliare” le carte. Un’ipotesi non tramontata, ma che, spiegano fonti parlamentari, non è l’unica opzione sul tavolo. C’è infatti anche la possibilità, e su questo sarebbe in corso un ragionamento, di arrivare a una ricomposizione, o almeno a una “pax armata”. Del resto, se fino a oggi il senatore fiorentino ha sempre detto che “non mettiamo veti sui nomi, ci interessano i programmi”, potrebbe essere difficile giustificare un “no” a Conte, se il suo nome emergesse chiaramente dalle consultazioni.
Nel video pubblicato stasera, si fa notare, non cita mai il presidente del Consiglio. Certo usa toni duri, parla di “scandalo” a proposito della ricerca dei responsabili, respinge le “fake news” ma rilancia sui programmi e sulle emergenze del Paese, spiegano che la crisi “non è un problema delle singole persone”. La (nuova) partita a scacchi tra i due avversari è appena cominciata, ma vanno messi in conto tutti i giocatori. In questo senso, il Movimento 5 stelle può senz’altro essere considerato della partita, l’assemblea dei parlamentari nella tarda serata di martedì ha confermato l’esistenza di una fortissima sensibilità “aperturista” anche nei confronti di Renzi: “il partito della diciottesima legislatura ha messo in chiaro il perimetro”, racconta uno dei presenti. Perimetro “che è, appunto di legislatura, costasse parlare con Satana”. Pubblicamente, Di Maio smentisce contatti con Renzi e rinnova la fedeltà al premier dimissionario, che il M5S indicherà nelle consultazioni al Colle.
Le fonti del Movimento attribuiscono le voci su premier alternativi, come il responsabile del Mise Patuanelli o lo stesso Di Maio, alla volontà di “bruciarli”. Ma il problema del Movimento, per ora, è che per rendere credibile una qualsiasi intesa di governo, con o senza Conte, con o senza Renzi, deve garantire di poter tenere insieme la totalità dei suoi gruppi (in particolare al Senato). Ecco perché, oltre alle voci ufficiali di vertice, contano anche quelle dei singoli esponenti. Dal deputato “contiano” Giorgio Trizzino (accreditato anche di un suo canale personale con il Colle) viene una apertura decisa: “È vero – osserva – che esistono forti remore a riaprire il dialogo con Renzi ma io ritengo che sia corretto farlo nell’interesse del Paese”. Sul fronte opposto Barbara Lezzi, vicina ad Alessandro Di Battista, scandisce: “Avanti con Conte e fuori Renzi. Altrimenti il M5S non ci sta”. Certo, è una minoranza: ma al tempo della lettera dei No-Mes, una dozzina di senatori si schierarono contro il rischio di un nuovo cedimento dell’ala governista. E anche con il rientro di tutti i renziani in maggioranza, un addio anche di poche unità nei ranghi stellati riporterebbe in alto mare i numeri al Senato.