Dopo il salario minimo, l’Ucraina: Giuseppe Conte non si rassegna ad un Pd rivitalizzato che, stando ai sondaggi, recupera i voti andati ai 5 stelle nei mesi scorsi, l’ex premier prova ad incalzare Elly Schlein su tutti i temi più “caldi” per l’elettorato di sinistra. Anche oggi, parlando ad una iniziativa della Luiss, il leader M5s ha voluto rimarcare che quella per il salario minimo è “una battaglia che facciamo da dieci anni, una battaglia che ci ha trovato isolati” e “solo recentemente” si sono aggiunti Pd e sindacato.
Ma l’affondo vero è arrivato sulle armi a Kiev quando, rispondendo alle domande dei cronisti, ha detto di sperare che anche il Pd si decida a dire no a nuovi invii: “Armi all’Ucraina? Abbiamo già dato. Mi auguro che il Pd possa, anche col nuovo vertice, fare questa scelta in questa direzione che noi abbiamo già intrapreso”. Una competizione che in casa Pd viene monitorata con attenzione, perché molti di coloro che hanno votato per la nuova segretaria confidavano in un cambio di rotta anche sull’Ucraina.
Uno dei parlamentari che hanno sostenuto la Schlein prova a minimizzare: “Non credo che a Conte convenga questa strada. La `luna di miele’ della Schlein non si esaurisce certo perché lui presenta una mozione…”. Sembra però più un auspicio che una convinzione. Il “Conte rosso” dà fastidio, perché appunto può mettere in qualche difficoltà la nuova segretaria con quella parte di sinistra che nei mesi scorsi era `migrata’ verso M5s e che ora è tornata a preferire il Pd nella convinzione che la nuova segretaria imprimerà una svolta netta al partito.
Cosa che, effettivamente, è accaduta nelle prime settimane, con un’opposizione molto ferma, dura, su temi come l’antifascismo, i migranti e, appunto, il salario minimo. L’Ucraina però è una questione più complicata. Se sugli altri argomenti è abbastanza facile tenere insieme tutto il Pd, sulla guerra le cose cambiano.
Enrico Borghi, uno dei più filo-atlantisti del partito, è contento della linea tenuta dalla segretaria e si dice certo che le mosse di Conte non le faranno cambiare posizione: “Non credo ci saranno problemi. Atteggiamento di Elly Schlein molto coerente con quanto detto fin qui dal Pd: prosecuzione degli aiuti all’Ucraina per la resistenza e contemporaneamente concretizzazione di un processo per un negoziato di pace, che ha bisogno di un rafforzamento del ruolo europeo. Noi stiamo dando prova di responsabilità e volontà di lavorare a soluzioni concrete, Conte prosegue in una attività tutta `interna corporis’ al nostro paese, totalmente velleitaria e priva di sbocco concreto”.
Ma se Borghi è soddisfatto vuol dire che molto meno lo sarà chi sperava che la Schlein invertisse la rotta intrapresa da Enrico Letta. E infatti nelle parole del parlamentare della sinistra Pd qualche fastidio si coglie: “Se noi e M5s iniziamo a rincorrerci finiamo per fare solo un favore alla Meloni”.
La speranza è che il leader M5s scelga un altro profilo, complementare a quello del Pd, per potere insieme, alleati, sfidare la destra: “Diciamo la verità – prosegue – Conte non è un paladino della sinistra: smetta di fare la competizione su pacifismo, lavoro e via dicendo… La sinistra non è nel loro dna. Sarebbe più utile se tornasse a presidiare quell’area arrabbiata delle origini”. Si vedrà se l’ex premier seguirà questi `consigli’, ovviamente interessati. Tra un anno ci sono le europee e la Schlein ha tutta l’intenzione di uscire da quella prova con un Pd saldamente primo partito dell’opposizione. Dalle prime reazioni, non sembra che Conte si rassegni fin d’ora a giocare un ruolo da comprimario, lasciando ai democratici la guida del “cosiddetto campo progressista”, come lo ha definito oggi alla Luiss.