Gli incontri sono sempre “cordiali” e il dialogo dovrebbe essere “costruttivo” ma Giuseppe Conte non sfonda il muro dell’ostilità europea nei confronti del governo gialloverde. E nella seconda giornata del Consiglio europeo, quella dedicata al tema delle migrazioni, più dei faccia a faccia con il premier olandese Mark Rutte e con il presidente francese Emmanuel Macron l’attenzione del presidente del Consiglio è focalizzata sui contatti con Roma. I partner della “sua” maggioranza non riescono più a dissimulare le tensioni che li dividono dopo l’esplosione del caso del testo contestato del decreto fiscale.
In nottata, Conte aveva confidato di non poter fare di più, per frenare la conflittualità in maggioranza, che garantire il suo impegno personale per il varo del testo corretto al rientro a Roma: “Venerdì torno e si chiude”. Ma la notte non porta consiglio, a Roma le crepe nella coalizione appaiono sempre più evidenti. E sul fronte europeo non si intravedono progressi. Così, complici anche i ritardi nelle liturgie del vertice europeo che hanno fatto saltare le tabelle di marcia originarie, la prevista conferenza stampa pomeridiana viene declassata a un più sbrigativo “punto stampa” davanti alle telecamere. E anche sull’esito dei colloqui bilaterali la delegazione è silente con i giornalisti. Ma poi salta anche la breve dichiarazione annunciata “a causa di sopraggiunti impegni del presidente”.
Impegni che lo tengono legato, più che ai colleghi europei, dai quali l’Italia non ha riscosso particolari solidarietà, alle ombre della crisi politica romana. Poi però, decide di riconvocare la conferenza stampa: prevista alle 18. La notizia della giornata, per adesso, è quella che filtra in mattinata da Bruxelles: la richiesta di “chiarimenti” sul documento programmatico di bilancio verrà consegnata a Roma dal commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici al ministro dell’Economia Giovanni Tria. Rutte, dopo il faccia a faccia, sottolinea di avere “espresso la preoccupazione dell’Olanda per i piani di bilancio dell’Italia per il 2019” e anche “pieno appoggio per la Commissione europea nell’applicazione dei nostri obblighi comuni sotto il Patto di Stabilità e di Crescita”. In sostanza, l’Italia va riportata al rispetto delle regole. Sottolineatura che viene anche dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz: “”Sono un difensore dei criteri di Maastricht, che devono valere per tutti”, avverte.
Conte prova a ricondurre a normale dialettica lo scontro in atto: “Ci aspettiamo – scrive su Facebook – osservazioni e rilievi, è la normale interlocuzione che avviene tra Commissione e singoli Stati Membri” ma, ribadisce, le misure contenute nella manovra sono “indispensabili se vogliamo invertire la rotta. Credo nel lavoro che abbiamo fatto, con serietà e responsabilità. L’ho rivendicato con orgoglio di fronte ai partner europei. E non ci spaventa il dialogo purché costruttivo e utile, e scevro da pregiudizi”. Dialogo che, per ora, non c’è, come ribadisce il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker in conferenza stampa al termine dell’eurosummit: “Io so, e ho avuto dei colleghi che me lo hanno detto al telefono, che non vogliono adottare più flessibilità nei confronti dell’Italia di quella che già esiste, e questa d’altra parte non è la nostra intenzione”. Ma da oggi il dubbio è se gli interlocutori di Juncker a Roma saranno ancora quelli attuali.